Effetto Covid19, gli studi tagliano i costi e non le persone… per ora

Prima le persone. Non è più solo uno slogan. La crisi sanitaria scatenata dall’epidemia di coronavirus ha rivelato in maniera netta una nuova attitudine del mercato dei servizi legali rispetto alla gestione della recessione. Il lavoro rallenta. Ma le squadre non si riducono. Licenziare? No grazie. «Le persone sono l’asset fondamentale su cui si reggono le nostre organizzazioni». Lo dicono in tanti tra i professionisti alla guida degli studi legali d’affari. E i fatti lo confermano.

Davanti al bivio, rispetto alla scelta se tagliare i costi o le teste per far fronte alla crisi, la stragrande maggioranza degli operatori del mercato, nazionali e internazionali, sta privilegiando la prima. Quello che cambia, da caso a caso, è il modo. Anche se molte azioni hanno caratteristiche comuni. E nella sostanza, si traducono, rispetto ai professionisti, nella richiesta di accettare un periodo di sacrificio. Rinunciare a una quota delle proprie retribuzioni o aspettare a incassare una parte degli utili o dei premi maturati, per finanziare la gestione del momento.

Il cambio di passo, culturale prima che gestionale, rispetto al recente passato è evidente. La risposta che nel 2008 e nel 2012 in tanti decisero di dare alle crisi finanziarie, fu di ben altro tono. Molti avvocati furono trattati come carne da cannone, sacrificati sull’altare dell’efficienza, senza troppa consapevolezza da parte di chi, successivamente, si è trovato a gestire la ripresa privo delle risorse intellettuali e professionali necessarie e con interi dipartimenti desertificati. Ma la storia è maestra di vita, diceva Cicerone. E la lezione, a quanto pare, l’hanno imparata in tanti.

MAG prosegue il suo viaggio ideale nella zona rossa. Analizzando, attraverso le esperienze dei protagonisti, l’effetto che l’emergenza sanitaria provocata dal Covid19 sta avendo sull’attività delle law firm attive in Italia. Un repertorio immortalato sia dal podcast InterViews, sia dalle altre iniziative multimediali organizzate da LC Publishing (si pensi al webinar Avvocati e coronavirus, dall’emergenza al riassetto del mercato, CLICCA QUI). Una serie esclusiva di testimonianze in tempo reale per comprendere e seguire l’evoluzione di questa crisi destinata a trasformare ulteriormente l’avvocatura nazionale.

Dopo essere intervenuti per garantire la piena operatività delle strutture e dopo essersi organizzati per rispondere nella maniera più efficace alla turbinosa richiesta di assistenza nella gestione dell’emergenza sotto ogni profilo (si veda il numero 138 di MAG), gli studi hanno dovuto decidere come rispondere all’impatto che la crisi avrà sul loro conto economico.

In tanti hanno dovuto avviare una manovra “preventiva”. Del resto, il lavoro non è sparito all’improvviso. Anzi, guardando alla «produzione», in tanti sono pronti a giurare che marzo abbia registrato volumi persino superiori allo stesso periodo dell’anno precedente, con lo smart working che ha dato una bella mano alle performance individuali di tanti professionisti.

Il problema è la cassa. I clienti cominciano a chiedere dilazioni dei pagamenti o sconti. «Anche rispetto a lavoro già fatto e fatturato», dice Federico Sutti, managing partner di Dentons. Lo studio, ha chiuso il suo ultimo bilancio a dicembre 2019. E ha già «completato le review, pagato i bonus e dato gli aumenti a chi è passato di fascia. Noi abbiamo completato questa fase e ora dobbiamo capire come gestire il domani – racconta Sutti -. Qui stiamo valutando una serie di scenari. Ovvio che in quello peggiore, i soci dovranno farsi carico dell’impatto. La domanda è capire fino a che punto questa crisi inciderà sulla “bottom line”».

L’avvocato è considerato uno dei manager più dotati all’interno della comunità professionale nazionale. E per far capire di cosa si sta parlando propone uno schema abbastanza semplice. In sostanza, a ogni punto percentuale di fatturato in calo corrispondono due punti percentuali di utile in meno per uno studio che abbia una struttura di costi del 50%.

Più pesante sarà la ricaduta dell’emergenza sul giro d’affari degli studi, maggiore sarà la riduzione dell’utile per i soci. Giusto per fare un esempio, a fronte di una teorica contrazione dei ricavi del 20% nel 2020, i soci degli studi d’affari attivi in Italia potrebbero ritrovarsi con il 40% di utili in meno da poter distribuire o utilizzare per le esigenze di struttura.

Il tempo è la variabile più importante in questa emergenza. Dentons, nell’immediato, ha deciso di intervenire sui «costi indiretti – prosegue Sutti – ovvero sulle spese più discrezionali. Attività di marketing e business development sia a livello di studio sia a livello di dipartimento o di singoli soci sono state drasticamente ridotte o addirittura eliminate. Riteniamo che in questo momento queste spese, che sono opportune ma non necessarie, siano rimandabili». Ma la voce di costo principale di uno studio legale sono i professionisti. «Lo studio – interviene ancora l’avvocato – ha deciso di non fare ricorso a redundancy. Non vogliamo correre dietro all’idea che per affrontare la difficoltà del momento sia necessario ridurre staff o professionisti. A livello europeo la decisione è stata presa dal board che ha deliberato che non ci saranno tagli. In questi anni abbiamo investito molto sulle persone, sulla costruzione della presenza dello studio nei vari Paesi. Non è il momento di prendere iniziative che possano avere un effetto drammatico sui rapporti interni, sull’umore e sulla voglia di lavorare». Piuttosto, Dentons ha deciso di costituire un solidarity fund, a cui ciascun professionista delle sedi europee contribuirà secondo una quota proporzionale, e che servirà a sostenere le economie delle diverse sedi che potranno attingervi a seconda dell’impatto che la crisi avrà avuto sui Paesi in cui sono basate.

In termini di gestione finanziaria, Dentons come gran parte degli studi si sta autofinanziando attingendo anzitutto agli utili 2019 (il che, nella maggior parte dei casi evita anche di dover ricorrere all’attivazione di linee di credito) e agendo sui tempi della loro distribuzione: dilazionandoli ovvero scadenziandoli in modo diverso rispetto al solito. Questo sta avvenendo in modo particolare tra le law firm internazionali.

Tra gli altri, si sono mossi in questa direzione, con modalità lievemente diverse da caso a caso, Simmons & Simmons, Herbert Smith Freehills, Allen & Overy, Freshfields e Linklaters, solo per citarne alcuni.

In Linklaters, spiega più nel dettaglio il managing partner italiano Andrea Arosio, «sono state prese quattro iniziative, ampiamente condivise con i soci. Anzitutto si è deciso di sospendere la distribuzione della quota di utili prevista per giugno (una delle quattro previste durante il corso dell’anno, dall’organizzazione, ndr). È stata poi dichiarata l’intenzione di non ricorrere ad alcuna forma di riduzione del personale. Terza misura è stata quella di procedere comunque alla distribuzione e al pagamento dei bonus per l’anno che si chiude (il bilancio inglese chiude a fine aprile, ndr). Il bonus sarà pagato per metà a giugno e per metà entro la fine dell’anno.

Altra misura è quella di sospendere o rimandare le decisioni sugli aumenti delle retribuzioni. Normalmente queste vengono comunicate a maggio, ma si è deciso di congelarle e rimandare la decisione a ottobre quando si potrà decidere di far partire gli aumenti dal mese di ottobre o eventualmente in maniera retroattiva».  La law firm, inoltre, ha confermato le promozioni a tutti i livelli che saranno ufficializzate come di consueto il primo maggio.

C’è una volontà di preservare i talenti. Chi nel 2008 o nel 2012 ha reagito alla crisi tagliando practice e dipartimenti ha avuto grandi difficoltà negli anni seguenti a ricostruire i team di lavoro.

«In questi periodi – aggiunge Arosio – va chiesta a tutti una grande flessibilità, la gente deve capire che deve uscire dalla propria zona di comfort e adattarsi al mercato, facendo un passo in più».

Tra chi ha deciso di andare avanti con promozioni e investimenti programmati c’è Norton Rose Fulbright che dall’inizio dell’anno non solo ha promosso un nuovo socio nella sua sede italiana (si tratta di Luigi Costa, partner del banking and finance) ma ha anche confermato e ufficializzato l’arrivo di un nuovo socio nel team corporate annunciando l’ingresso di Claudio Di Falco. «Abbiamo dei progetti per l’Italia sui quali continueremo a lavorare», dice il managing partner della law firm a Milano, Attilio Pavone.

Intanto per far fronte all’atteso rallentamento del business causato dall’emergenza sanitaria lo studio ha deciso di chiedere a professionisti e staff l’adesione volontaria al programma Flex. È una misura preventiva, il «rallentamento del business – dice Pavone – ancora non ci ha colpito ma è qualcosa che purtroppo percepiamo all’orizzonte. Abbiamo chiesto il consenso preventivo a staff e professionisti a lavorare meno e quindi guadagnare meno nel momento in cui la cosa si dovesse rendere necessaria». Di fatto, lo studio implementa una sorta di settimana corta per il proprio organico. Una misura che era già stata sperimentata «nel 2008 e nel 2011 consentendo allo studio di non licenziare nessuno. Inoltre questa soluzione dà anche la possibilità di affrontare la crisi programmando già la ripresa», conservando in squadra le risorse che serviranno dopo lo stop.

Superare la crisi restando uniti. Consapevoli che le persone (staff e professionisti) sono l’asset più…

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