Studi legali e agile working, siamo ancora all’inizio
di nicola di molfetta
Tante dichiarazioni di intenti. Qualche iniziativa concreta. Ma ancora zero per la statistica. Abbiamo parlato in diverse occasioni della trasformazione in senso fisico degli studi legali.
Spazi e uffici cambiano e si trasformano.
Il tutto avviene in un processo di evoluzione morfologica che li fa assomigliare, in termini di outfit architettonico, sempre di più alle loro aziende clienti. E inoltre li fa essere il riflesso della nuova visione della vita professionale espressa dagli avvocati del nuovo millennio.
Tra i concetti che la organizzazione spaziale degli studi legli vuole trasmettere, uno dei più frequentemente evocati è quello dell’apertura dell’organizzazione all’agile working.
Il tempo e la sua gestione sono sempre più considerati un fattore di gratificazione importante della professionalità degli avvocati e la costruzione di ambienti che ne favoriscano l’utilizzo in forma dinamica è una tendenza destinata a crescere. Sebbene la realizzazione di una vera rottura rispetto alla tradizione si rivela meno semplice del previsto.
Qualche esempio lo conosciamo. Ey e Clifford Chance sono tra le (poche) strutture che hanno cominciato a lavorare su questo fronte trovando il coraggio di rompere il tabù delle quattro pareti e organizzare i propri uffici in modalità open space o flow space.
Detto questo, però, per la statistica Milano rimane una piazza in cui la gestione immobiliare degli studi legali è pressoché totalmente legata ai cliché del passato.
Il dato emerge dall’ultima edizione del report Law in Emea, firmato da Cbre. Gli studi legali dell’area mostrano un approccio ancora limitato alle moderne strategie di impiego del workplace. In tutta l’area geografica presa in analisi, l’89% degli spazi usati da studi legali si basa ancora su postazioni fisse per il personale e uffici chiusi.
Londra detiene la percentuale più alta di studi legali che offrono, in qualche modo, spazi “agili” (60%), seguita da Dublino (50%), Edimburgo (25%), Manchester (12,5%) e Bruxelles (12,5%). Milano fa registrare un disarmante 0%. I pochi casi noti, al momento, sono talmente isolati da non avere rilevanza statistica.
Certo, come fa notare Stefania Campagna, head of advisory & transaction services office Milan di Cbre Italy, qualcosa si muove: «Negli ultimi anni c’è stato molto fermento nel settore e alcuni studi legali, soprattutto quelli a matrice internazionale rispetto ai locali, hanno iniziato a mettere in atto politiche dello spazio più simili a quelle delle grandi multinazionali: anche a Milano, il trend è rendere lo spazio normalmente usato dall’avvocato più adatto al cliente, come avviene più di frequente nelle società finanziarie».
Inoltre, dalla prima edizione del report Law in Milan (si veda il numero 113 di MAG), è chiaramente emersa l’intenzione dei principali studi legali di andare « in questa direzione nei prossimi anni, soprattutto sotto la spinta dei millennial e con l’obiettivo di trattenere i talenti».
Lo studio, considerato in senso fisico, è un po’ il vestito di un’associazione professionale. Ne riflette non solo il posizionamento, ma anche il modo di essere e di approcciarsi al mercato. Cambiarlo non è facile.
Certo, però, quando c’è da fare un rinnovo del guardaroba, l’operazione può risultare più semplice, come hanno dimostrato i due casi sopra citati.
A questo punto sarà interessante scoprire cosa sceglieranno di “mettere” Allen & Overy, prossima al trasloco nei suoi 3.500 metri quadrati in via Ansperto. E soprattutto Latham & Watkins, Freshfields e Herbert Smith che, secondo Cbre, sono rispettivamente alla ricerca di 2.000, 3.200 e 900 metri quadrati per le loro nuove sedi.
Agorà
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– WHIRLPOOL: TANYA JAEGER DE FORAS PROMOSSA A DEPUTY GENERAL COUNSEL
– BPER: SARA SPOTTI NUOVA RESPONSABILE DI BANCASSURANCE VITA
– REGGIANI VICE PRESIDENTE COMITATO ANTI-CORRUZIONE GRUPPO BUSINESS DELL’OCSE
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di nicola di molfetta
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