Cleary Gottlieb Italia, avere 20 anni

Provate voi a mettere insieme uno studio legale con più di mille avvocati e sedi da New York a Seoul senza ricorrere mai (o quasi) a un lateral hire. A costruire un’organizzazione capace di generare ricavi per 1,2 miliardi di dollari nel mondo, basandola su una governance totalmente orizzontale. A essere così convinti che la fiducia reciproca sia l’unico vero propulsore del proprio progetto professionale da riconoscere il peso e le ragioni di una minoranza («significativa») nel momento in cui si devono prendere decisioni strategiche e da non assegnare a nessun avvocato, socio o collaboratore che sia, un obiettivo di fatturato e di ore per ogni anno da mettere all’attivo.

Non è semplice. Ma c’è almeno uno studio a cui l’impresa è riuscita: Cleary Gottlieb Steen & Hamilton.

Gli è riuscita nel mondo. E gli è riuscita in Italia, Paese con una tradizione professionale molto diversa, profondamente individualistica, i cui protagonisti hanno cominciato ad accettare e a riconoscere l’importanza dell’esercizio dell’attività forense in forma organizzata solo da poco tempo.

Nata a New York nel 1946, la law firm è arrivata in Italia nel 1998 passando per Bruxelles. L’uomo chiave di questa storia è Mario Siragusa. Classe 1948, origini palermitane, entra in Cleary Gottlieb nel 1973 (l’iscrizione all’albo dei professionisti arriva nel 1975), proprio nella sede belga, dopo aver conseguito il diploma in studi europei al Collège d’Europe e un Ll.m. ad Harvard.

«All’epoca l’ufficio contava circa 13-14 avvocati – ricorda a MAG l’avvocato Siragusa  – era stato aperto da poco (nel 1960, ndr) sull’onda degli investimenti di diversi gruppi internazionali in Belgio che era visto come la base ideale per chi volesse operare nell’Europa continentale». L’apertura in Belgio, a dirla tutta, è stata anzitutto diretta conseguenza dello stretto rapporto tra l’ex sottosegretario di stato Usa e membro del gruppo dei fondatori di Cleary Gottlieb, George Ball e il francesce Jean Monnet, tra i padri dell’Ue, che assieme lavorarono non solo all’attuazione del Piano Marshall, ma anche alla stesura dei principali trattati della Comunità Europea.

Ma torniamo agli anni Settanta. Sono gli anni in cui nasce il diritto europeo e in particolare quello della concorrenza. Nel 1974, Siragusa affianca Michel Waelbroeck nella prima audizione formale alla Commissione Ue per l’applicazione dell’articolo 81 del Trattato di Roma in un caso di impresa congiunta. «All’epoca tra i professionisti italiani non c’era quasi nessuno che si occupasse di queste materia. Neanche nei grandi studi».

Il momento è ideale. E favorisce la nascita di una practice italiana nella sede di Bruxelles di Cleary Gottlieb, che presto comincia a occuparsi oltreché di diritto della concorrenza anche di corporate ed m&a. Nel 1988 alla practice italiana si aggiunge Giuseppe Scassellati Sforzolini, che avrà un ruolo chiave su questo fronte. La squadra arriva a contare una decina di avvocati.

All’inizio degli anni Novanta, osserva ancora Siragusa, c’erano «tutti gli ingredienti necessari per procedere all’apertura di un ufficio in Italia. «In più – dice sorridendo – mia moglie aveva espresso il desiderio di tornare a Roma!». Per cui il dado era inevitabilmente tratto. Tuttavia, il progetto si scontra con le priorità strategiche dello studio che nel 1991, invece, decide di aprire a Francoforte. «Il settore legale era appena stato liberalizzato in Germania e il mercato era decisamente più attraente di quello italiano».

Ma la cosa non ferma Siragusa che dal 1980 era entrato nella partnership della law firm. «Decisi di trasferirmi in Italia da solo, rimanendo socio a Bruxelles». La sua unica dotazione, a Roma, negli anni in cui è ospite nello studio dell’avvocato Biamonti, è un telefono. Lo smart working è un concetto che non esiste ancora. Ma come detto all’inizio, la fiducia che lega gli uni agli altri i soci di Cleary Gottlieb Steen & Hamilton è tale che la scelta inedita di sperimentare questo rapporto a distanza non incontra particolari resistenze. Anzi. «La mia segretaria era a Bruxelles – riprende Siragusa – così come gli associate». La practice italiana comincia a crescere. Addirittura nel 1996, assieme a Scassellati, l’avvocato si occupa della privatizzazione dell’Imi. «Facevano su e giù da Bruxelles in continuazione». Lo stesso anno il “team Italia” si occupa anche del deal Ducati-Tpg. A quel punto, convincere il resto dei soci, a partire dal managing partner dell’epoca, Ned Stiles, che i tempi per l’apertura sono maturi, non è più così difficile.

Si arriva così al 1998. Roma. Piazza di Spagna. Siragusa nota il bel palazzo color ocra alla sinistra della scalinata di Trinità dei Monti. Ci sono spazi liberi. Diventerà la sede dello studio nella Capitale a cui, nel 2001, si aggiungeranno gli uffici di Milano.

Da Bruxelles arriva…

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