Avvocati, l’innovazione è trend topic

di nicola di molfetta

 

Innovare è l’imperativo. Avvocati e cambiamento. Un tempo sarebbe sembrato un gioco da enigmisti. Cerca la connessione. Anche perché trova l’intruso sarebbe stato troppo facile da risolvere.
Ma adesso le cose stanno cambiando, appunto. E lo stanno facendo alla velocità della luce. L’innovazione provoca il cambiamento. Ma il cambiamento esige innovazione. Tecnologica e non.

I due concetti non sono sovrapponibili o interscambiabili. L’uno, per collegarsi all’altro, ha bisogno di ponti fatti di azioni concrete, progetti, investimenti. E persone.

Il tema dell’innovazione non può essere archiviato semplicemente investendo qualche euro in un tool da mettere in un cassetto, in un software che poi nessuno usa o affidando a un gruppo di volenterosi il compito di occuparsi della gestione della conoscenza.

L’innovazione deve essere un fatto. E quindi deve entrare nei processi che regolano la vita e l’operatività di uno studio legale.

Il cambiamento deve diventare uno stato della mente e un atto della volontà. L’innovazione, come si dice, va “messa a terra” e trasformata in normalità. È tempo di New Law. E gli studi legali non possono restare indietro.

 

 

Di esempi potremmo farne tanti. E oramai non dobbiamo più necessariamente andarli a pescare all’estero (il che conferma che questi non sono i temi del futuro, bensì questioni del presente). Anche se dall’estero arriva una notizia davvero interessante. Dla Piper ha appena annunciato la costituzione di un Change Council, una sorta di direttorio che dovrà gestire e rendere prioritaria l’agenda del cambiamento all’interno dello studio.

La costituzione di questo organo, che è formato da 13 partner e che è presieduto dal global co-ceo, Simon Levine, è stata presentata al mercato come un tassello fondamentale della più ampia strategia della law firm (che si è fatta assistere anche dal guru Richard Susskind) tesa a far evolvere la struttura tradizionale dello studio legale verso una piattaforma capace di rispondere efficacemente alle esigenze dell’economia globale e costruire una partnership sempre più forte con i clienti. La scelta di Levine di guidare il council, poi, è importante anche per un’altra ragione. Manda un segnale chiaro e forte al resto dei colleghi. La questione dell’innovazione è centrale. E il management dello studio, ai suoi livelli più alti, è in prima linea per gestirla.

La priorità, dunque, è connettere il cambiamento all’organizzazione. A questo proposito, nei giorni scorsi, Linklaters ha annunciato l’arrivo in Italia dell’innovation manager Maziar Jamnejad (è la notizia che apre la sezione Agorà in questo numero di MAG). La law firm vuole creare qui una sorta di hub dell’innovazione aiutando i professionisti a sfruttare al massimo le potenzialità dei progetti e degli strumenti sviluppati dallo studio e a disposizione dei suoi avvocati.

Si tratta di una delle tante nuove figure professionali che l’età della disruptionsta rendendo necessarie all’interno degli studi legali. Una figura che è presente anche in alcune realtà italiane come la boutique Crc Lex dove il ruolo di chief innovation officer è affidato a Giulio Messori, o lo studio LCA che da un anno ha assegnato il compito di esplorare i nuovi trend legali a livello globale (focalizzandosi sull’utilizzo delle nuove tecnologie) all’avvocato Marco Imperiale.

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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