Yoga Revolution: l’onda lunga dall’India agli uffici di Wall Street
Inhale, exhale. Sistemati sul tappetino, lascia che il tuo corpo trovi una posizione naturale… Porta gentilmente l’attenzione sul respiro… Osserva come l’aria fluisce naturalmente dentro e fuori dal corpo… Inhale, exhale. Con ogni inspirazione, senti il ventre che si solleva dolcemente… Con ogni espirazione, lascia che il corpo si rilassi sempre più profondamente… Inhale, exhale.
La voce dell’istruttrice si spande nella stanza senza segnali di fatica mentre i nostri corpi passano meccanicamente dalla posizione del sukhasana a quella del padmasana, dall’agnistambhasana al virasana. È un suono che sento e non sento, mi arriva solo a tratti.
Immagina che ogni inspirazione porti energia nuova e vitale… Ogni espirazione libera tensioni e pensieri non necessari… Ora iniziamo a rendere il respiro più profondo e consapevole… Inhale… Inspira lentamente contando fino a quattro… Trattieni delicatamente il respiro per due… Espira dolcemente contando fino a sei… Eeexhale…
Ci provo: cerco di mettere a fuoco il ventre che si solleva, il corpo che si rilassa. Rilascio i pensieri non necessari… Aspetta, quali non sono necessari? E quali lo sono? Quella telefonata di domani mattina mi sembra abbastanza necessaria. Ma forse non adesso? Un attimo, ho preso i pasticcini per Mariella? No no no, non ci siamo. Ci riprovo. L’obiettivo è svuotare la mente. Ma come è persino pensabile un concetto del genere? Svuotare la mente! Non si può fare, a maggior ragione se quel pensiero lì, quello di svuotare la mente, rimane un chiodo fisso mentre provi a svuotarla. Impossibile! Ok aspetta, impegnati. Respiro. Inhale, exhale. Inspira, espira. Sì, concentrarmi sul respiro mi sembra una buona idea. Mi focalizzo sul leggerissimo rumore dell’aria che passa attraverso le mie narici. Un flebile fischio. Che imbarazzo. Lo sento solo io? Oddio, forse sto disturbando qualcuno?
È andata più o meno così la prima lezione di yoga a cui ho partecipato. Questa storia del respiro non mi è mai andata troppo a genio, non l’ho mai compresa fino in fondo, ma una cosa mi è sempre stata chiara: l’attività in sé mi avrebbe permesso di coltivare salute e tranquillità. Di lavorare sulle articolazioni, sui nervi, sul sangue, sulla schiena. E questo mi è stato sufficiente per convincermi a continuare – prima con costanza, poi occasionalmente.
Ho provato anche la meditazione, ma senza grande successo. D’altronde, la pratica dello yoga viene vista da molti come una preparazione ideale per la meditazione: dicono che faciliti il passaggio a quella serenità mentale necessaria per una pratica meditativa efficace. Ho fatto un tentativo. Ed è vero che con lo yoga ci ho guadagnato in tranquillità, ma non tanta da riuscire a stare seduta, immobile e in silenzio per un tempo indefinito. È un limite, ma tutti ne abbiamo. E mi sono perfettamente ritrovata nelle parole di Emmanuel Carrère che, nel romanzo “Yoga”, spiega che la meditazione è “tutto ciò che accade dentro di noi nel lasso di tempo in cui siamo seduti, immobili e in silenzio. La noia è meditazione. Il male alle ginocchia, alla schiena, al collo sono meditazione. I pensieri parassiti sono meditazione. I gorgoglii nello stomaco sono meditazione. L’impressione di perdere tempo a fare una boiata pseudo-spirituale è meditazione. La telefonata che prepari mentalmente e anche la voglia di alzarti a farla sono meditazione. La resistenza che opponi a quella voglia è meditazione. Cedere invece no. Tutto qui”. Nel libro, che è poi un’autobiografia, l’autore descrive, tra le altre cose, i giorni trascorsi in montagna in occasione di un ritiro spirituale in cui viene privato di tutto: libri, telefono, conversazioni, amici, famiglia, tecnologia, qualsivoglia strumento di contatto con il mondo esterno. Qualsivoglia strumento, insomma, di cui io vivo e mi nutro.
Carrère, in realtà, è da oltre trent’anni un grande seguace di meditazione, yoga e tai chi, che lui stesso definisce pratiche “sublimi, fulgide e benefiche a cui da sempre faccio la corte” perché gli hanno fornito una cosa fra tutte: la consapevolezza. Eppure, con il suo “male alle ginocchia”, i suoi “pensieri parassiti” e “i gorgoglii” coglie nel segno quello che credo provino molti di coloro che si approcciano per la prima volta a queste discipline.
A molti altri, invece, piace da subito. E decidono di continuare. Anzi, a dirla tutta il mondo dello yoga sta vivendo una vera e propria età dell’oro. Quella che era nata come antica pratica spirituale in India si è trasformata in fenomeno globale che muove miliardi di dollari, con oltre 300 milioni di praticanti a livello globale secondo l’organizzazione Yoga Vidya, fondata nel 1978 in India, per l’appunto, e oggi con centri affiliati sparsi in tutto il globo. E i numeri sono destinati a crescere ancora. Le previsioni dell’associazione parlano chiaro: nel 2025 il settore raggiungerà un valore di mercato di oltre 200 miliardi di dollari, più del doppio rispetto ai 90 miliardi di fine 2023. Un dato significativo, che testimonia come questa disciplina stia diventando sempre più mainstream, soprattutto in Occidente. Se in India pratica paradossalmente solo il 12% della popolazione, gli Stati Uniti – dove dal 2020 si è registrato un incremento del 50% di chi sceglie di fare yoga – guidano la classifica con oltre 36 milioni di praticanti e più di 22.000 centri dedicati distribuiti sul territorio. Seguono Canada, Australia, Singapore e Irlanda. Yoga Vidya riporta addirittura che nel Regno Unito e in Francia la popolarità dello yoga online è aumentata del 400% negli ultimi quattro anni.
Per capire il motivo di questo successo, mi sono rivolta a Stefano Simontacchi, fiscalista tra i soci più in vista dello studio legale BonelliErede, presidente del consiglio di amministrazione della Fondazione Ospedale Buzzi, presidente della Fondazione per la Scuola Italiana e consigliere di amministrazione di Rcs e ISPI. Simontacchi pratica yoga e meditazione da tempo, come Carrère. «Spinto da un profondo desiderio di comprendere il senso della vita – mi racconta – trent’anni fa ho iniziato la mia ricerca. Come molti fiscalisti e avvocati, ho trascorso un lungo periodo di gavetta e sacrifici, e proprio durante quel percorso ho cominciato a sentire il bisogno di trovare risposte più profonde. Mi sono immerso nella letteratura spirituale che a sua volta mi ha permesso di incontrare diversi guaritori e sciamani e di avvicinarmi poi allo yoga, alla meditazione e al qi gong (attività collegata alla tradizione cinese e alle arti marziali che consiste in una serie di esercizi fisici, tecniche di concentrazione mentale e di controllo della respirazione, ndr). In una vita frenetica come la nostra, in fondo, siamo costantemente in uno stato di iperattività, ma queste discipline possono aiutarci a ritrovare equilibrio e calma. Ecco perché stanno conquistando sempre più persone su scala globale».
Come dargli torto. Quanti di noi vivono una vita di corsa, in cui inconsapevolmente riproducono un modello che impone di studiare, lavorare, fare carriera a tutti i costi? «Ho sentito il bisogno di fermarmi un attimo, e così ho avuto l’occasione di approcciarmi all’arte», mi dice, spiegandomi com’è nato The Prism, suo alter ego artistico e progetto interattivo che crea una connessione con il pubblico attraverso opere circolari (firmate dallo stesso Simontacchi) che fungono da portali emozionali, invitando alla meditazione e al risveglio spirituale. «The Prism nasce con l’obiettivo di offrire alle persone che vivono in città uno spazio dove potersi rifugiare dalla frenesia urbana, un luogo dove ritagliarsi del tempo per riconnettersi con se stessi e la propria dimensione spirituale. Viviamo in un’epoca cruciale di profonda trasformazione: il periodo di isolamento durante il Covid, la paura della morte, le guerre che ci ricordano quanto sia fragile la vita, l’avvento dell’intelligenza artificiale che, pur liberandoci tempo, ci pone di fronte a nuove sfide etiche. Tutti questi elementi ci spingono a rimettere l’essere umano al centro, a fermarci e chiederci: chi siamo veramente? Qual è il nostro scopo? Come vogliamo davvero vivere? The Prism, attraverso lo stimolo della meditazione, vuole essere proprio lo spazio in cui fermarsi a riflettere su queste domande». Perché The Prism, in effetti, è uno spazio fisico vero e proprio: aperto nel 2024 in Piazza Napoli a Milano, è un ambiente polifunzionale che permette di scoprire la produzione artistica di Simontacchi e che, attraverso un percorso suddiviso in sette stanze, ognuna con un nome e una funzione specifica, invita il visitatore a un viaggio emotivo e spirituale alla riscoperta di sé.
Spulciando fra le statistiche di Yoga Vidya, scopro che il profilo di chi pratica yoga e meditazione corrisponde al genere femminile (72% a livello globale), anche se in India la proporzione si inverte con una predominanza maschile (55%). Le motivazioni che spingono a scegliere queste discipline sono diverse: il 61% cerca maggiore flessibilità, il 56% vuole ridurre lo stress, il 44% punta ad aumentare la forza fisica. Oltre il 30%, poi, lo fa per combattere sintomi depressivi.
La pandemia di Covid ha contribuito a dare una vigorosa spinta al fenomeno. Non solo a quello dello yoga, peraltro, ma a qualunque attività potesse essere svolta dentro le mura di casa. Come ha messo in luce il Washington Post, da quando sono scattati i lockdown, il settore del fitness domestico ha registrato una crescita esplosiva senza precedenti. Gli istruttori delle più svariate discipline, yoga in primis, hanno iniziato a trasmettere in streaming le lezioni che prima si svolgevano in palestra. Le vendite di attrezzatura e abbigliamento sportivo sono schizzate alle stelle. Da gennaio a novembre 2020 sono state scaricate circa 2,5 miliardi di app dedicate a salute e fitness in tutto il mondo, secondo i dati di Sensor Tower, con un balzo del 47% rispetto allo stesso periodo del 2019. L’app “Home Workout – No Equipment”, la più popolare dell’anno, è stata scaricata 43,5 milioni di volte, più del doppio rispetto all’anno precedente. Peloton, che tra i suoi corsi offre anche sessioni di yoga e meditazione, ha registrato una crescita del 382% negli abbonamenti digitali.
Commenta Simontacchi: «Oggi assistiamo a una crescente popolarità di pratiche meditative e di benessere, tanto che molte aziende le offrono come benefit ai propri dipendenti. Si è sviluppata, di fatto, una rinnovata consapevolezza dell’importanza di ridurre lo stress e ritrovare il proprio io, una tendenza che la pandemia ha ulteriormente accelerato perché ci ha costretto a confrontarci con una domanda essenziale: che tipo di vita stiamo realmente conducendo? Questo ha innescato una riflessione più ampia sul rapporto tra lavoro e vita privata, spingendoci alla ricerca di un maggiore equilibrio. Guardiamo per esempio all’Olanda, dove la giornata lavorativa adesso termina alle 17 e dopo cena, al massimo, le persone decidono di continuare a lavorare da casa e non più dall’ufficio perché non si rinuncia più alla propria vita sociale. C’è la consapevolezza che sacrificare le relazioni personali significa impoverirsi come esseri umani e perdere opportunità preziose di crescita e arricchimento personale».
Insomma, se c’è stato un merito nell’emergenza sanitaria globale che abbiamo vissuto durante il Covid, è quello di aver portato in primo piano l’importanza del concetto di tempo per sé e l’adozione di uno stile di vita sano. Non a caso, da allora, in molti hanno iniziato a ricercare nello yoga non solo un’attività fisica, ma anche uno strumento per gestire stress e ansia. Anche la ricerca scientifica, d’altro canto, sta confermando i diversi benefici della disciplina a livello sia fisico che mentale. Studi recentemente pubblicati sulla rivista Translational Psychiatry hanno dimostrato effetti positivi sulla cognizione e la memoria, con potenziali implicazioni nella prevenzione del declino cognitivo e dell’Alzheimer. La pratica regolare aiuterebbe inoltre a gestire condizioni come ipertensione, insonnia, diabete e disturbi gastrointestinali.
«Gli effetti dello yoga sono oggi oggetto di numerose indagini. Ma per beneficiarne pienamente – spiega Simontacchi – credo sia necessario accostarsi alla pratica con uno stato mentale neutrale, mantenendo sì uno scetticismo, che sia però costruttivo e aperto. La chiave sta nel liberarsi di tre ostacoli fondamentali: la paura, il senso di colpa e le aspettative. Attraverso la pratica, negli anni ho sviluppato un concetto che ho chiamato “canale vuoto”: un processo di annullamento dell’ego che si ottiene liberandosi da questi limiti. Ci sono arrivato perché ho avuto modo di osservare che il 99% della sofferenza umana deriva da ciò che non è presente nel momento attuale ma è legato, piuttosto, al passato o al futuro. Raramente viviamo davvero nel presente. Attraverso un percorso di crescita spirituale, invece, eventi che prima percepivamo come traumatici possono trasformarsi in esperienze positive e costruttive. L’equilibrio non è però una meta definitiva, ma uno stato da ricercare continuamente: è un viaggio di crescita e miglioramento costante. Questo cammino mi ha insegnato a vivere ogni esperienza con maggiore consapevolezza». Come Carrère.
A quattro anni di distanza dal primo lockdown, sembra chiaro come la minaccia del virus stesso, e non solo la drastica interruzione delle attività commerciali, abbia polarizzato l’attenzione attorno ai concetti di salute e benessere generale. Oggi lo yoga sta trovando spazio in ambiti sempre nuovi: dalla scuola all’ambiente lavorativo, dal turismo alla terapia medica. In India, il governo ha avviato iniziative per integrare lo yoga nel sistema educativo e sanitario. In Cina lo fanno già da anni. Mentre a livello globale si moltiplicano le forme ibride e le applicazioni terapeutiche.
Il che pare non solo una moda passeggera, come sostengono alcuni, ma una rivoluzione della nozione di benessere che promette di influenzare profondamente il futuro della salute fisica e mentale. E, a questo proposito, Simontacchi fa una precisazione: «La vera rivoluzione non è lo yoga in sé, ma piuttosto l’onda lunga che, accelerata dalla pandemia di Covid, ha riportato l’individuo a interrogarsi sul senso e lo scopo della vita, riscoprendo l’importanza di fare ciò che davvero lo appassiona. Questa è la vera trasformazione in atto. Un tempo un avvocato nasceva, cresceva e concludeva la sua carriera nello stesso studio, seguendo un percorso prestabilito. Oggi, invece, assistiamo a un risveglio delle coscienze, un processo di consapevolezza che pratiche come lo yoga e la meditazione aiutano a raggiungere. Si tratta di un percorso di riconciliazione con il mondo, di liberazione dallo stress, di capacità di interrompere il turbinio dei pensieri per riconnettersi con la propria essenza, staccando la spina dalla routine quotidiana e ritrovando se stessi».
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