PwC TLS vince in Cassazione sul credito per imposte estere
PwC TLS, con un team guidato dagli avvocati cassazionisti Carlo Romano (partner, nella foto) e Flaminia Ferrucci (of counsel) e composto dagli avvocati Daniele Conti e Flavia Guglielmi, ha ottenuto la favorevole ordinanza n. 9725 del 14 aprile 2021, secondo cui non occorre la presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia per beneficiare del credito per imposte estere.
La controversia riguardava un soggetto residente in Italia, dipendente di una società tedesca per la quale prestava attività lavorativa per almeno 183 giorni nel corso dell’anno (questione pacifica nel corso del giudizio) e che aveva subito la tassazione in Germania sui redditi ivi prodotti. In Italia non veniva presentata alcuna dichiarazione dei redditi e, per tale ragione, l’Agenzia delle Entrate notificava un avviso con il quale accertava l’imposta sul reddito di lavoro subordinato di fonte estera, convenzionalmente determinato ai sensi dell’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR.
Nel contesto di tale accertamento, l’Agenzia negava anche il riconoscimento delle imposte assolte in Germania, sulla base dell’articolo 165, comma 8, del TUIR, proprio in virtù dell’omessa presentazione della dichiarazione che, secondo l’Erario, avrebbe dovuto includere il reddito estero nella base imponibile.
Secondo la Corte, la norma domestica sulla base della quale era stato negato il credito di imposta deve necessariamente coordinarsi con l’esistenza della convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Germania, con conseguente prevalenza di quest’ultima in virtù dell’articolo 117 della Costituzione: al “carattere di specialità” della convenzione “rispetto alle corrispondenti norme nazionali” consegue, dunque, che “la potestà legislativa deve essere esercitata nel rispetto dei vincoli derivanti, tra l’altro, dagli obblighi internazionali” assunti dall’Italia.
Sulla base di questo principio, l’ordinanza ha ritenuto “fuori fuoco” il dettato dell’articolo 165, comma 8, del TUIR (come pure la disposizione sulla quantificazione della cosiddetta retribuzione convenzionale), dovendosi attribuire rilevanza unicamente alla convenzione, mediante la quale si attua un meccanismo di attribuzione del potere impositivo all’uno o all’altro Stato ovvero si garantisce, nel caso di potestà tributaria concorrente dei due Paesi, lo strumento del credito di imposta proprio per evitare la doppia imposizione. Da ciò discenderebbe, dunque, il necessario riconoscimento delle imposte interamente versate all’estero, indipendentemente dalla mancata presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia.
Conclusivamente, aderendo gli Ermellini ad una interpretazione sostanzialista piuttosto che sanzionatoria della disciplina di diritto interno, l’Erario non avrebbe potuto richiedere al contribuente ulteriori adempimenti o versamenti in Italia.