Patrizio Messina: «L’Italia crescerà ancora»
In principio furono le cartolarizzazioni. Poi è arrivato il momento dei mini bond. Ma è stato con l’emergenza npls che il tema del credito è diventato un nodo cruciale per gli studi legali d’affari. «Peccato che a conoscerlo davvero eravamo e siamo ancora in pochi. Anche perché tutti, fino a qualche anno fa, consideravano questo settore una branca minore del diritto degli affari».
Sono le 9 del mattino di una giornata di primavera. A Milano il cielo è color piombo. «Qui la pioggia non manca mai», ironizza Patrizio Messina (nella foto), 48 anni, managing director di Orrick Europe e numero uno del team finance italiano dello studio americano.
Messina, camicia bianca, cravatta sartoriale e telefono bollente, ha appena concluso una conference call. «Grazie per aver anticipato». La sua agenda cambia in continuazione. Il mercato del credito è in fermento. E l’attività dello studio corre su questo filone così come lo fa nell’energy/infrastructure, guidato da Carlo Montella, nella corporate governance, in cui è attivo il senior partner Alessandro De Nicola, e nel private equity dove schiera un team affidato a Guido Testa. Lo studio cresce. Il 2015, secondo le stime del centro ricerche di legalcommunity.it, si è chiuso con un fatturato di 23 milioni di euro, in crescita di circa il 10% sull’esercizio precedente. Nel corso dell’anno lo studio ha preso tre nuovi soci (Attilio Mazzilli, Cristina Martorana e Annalisa Dentoni Litta) e proprio mentre questo numero di MAG andava online, legalcommunity.it ha rivelato che il prossimo primo giugno entra nello studio Betty Louie, partner proveniente da Dla Piper, che arriva a rafforzare la practice italiana di corporate, soprattutto sul fronte capital markets. «L’Italia è cresciuta e può crescere ancora», dice a MAG Messina che dal 2009 siede anche nel board mondiale di Orrick. In quali settori? Bisogna arrivare in fondo a questa intervista per saperlo.
Prima, però, è necessario partire da una premessa. La vita, come scrive il sociologo e giornalista del New Yorker Malcom Gladwell nel suo Outliers (Fuoriclasse, nella traduzione italiana) è fatta di opportunità e occasioni.
La sua qual è stata?
Quella di scegliere di occuparmi di credito quando tutti lo consideravano una practice di serie B. Negli anni Novanta, chi si occupava di operazioni di gestione del credito, aveva a che fare con una branca minore del diritto degli affari.
E chi stava in “serie A”, invece, che faceva?
Il solito; dal capital markets alle operazioni m&a. Erano gli anni delle grandi privatizzazioni.
Lei invece a capo chino sulle cartolarizzazioni…
La legge sulle cartolarizzazioni è del 1999. Io ho fatto le prime operazioni di cartolarizzazione quando ancora non c’era la normativa.
Ovvero?
Ovvero usavamo gli strumenti che ci dava la legge sul factoring del 1991. Facevamo cessioni di credito in blocco a società di factoring che magari erano legate a strutture internazionali che poi procedevano con l’operazione di cartolarizzazione all’estero.
Quello delle cartolarizzazioni era diventato il suo marchio di fabbrica. Un rischio, no?
Un grande finanziere di questo Paese, 5 o 6 anni fa, entrando nel mio ufficio esordì chiedendomi: Patrizio, ma ora che le cartolarizzazioni sono finite, tu non sei preoccupato? Che farai?
E cosa gli disse?
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