Linklaters tra crescita e scelte strategiche

Quando a ottobre 2016, Corrado Passera (ex numero uno di Intesa SanPaolo, poi ministro dell’economia del governo Monti e oggi a capo di Spaxs, la prima spac “bancaria” italiana) ha provato a lanciare un piano per il salvataggio di MPS che puntava all’acquisizione di una quota di maggioranza dell’istituto senese, Roberto Casati era lì. L’operazione, com’è noto, non è andata in porto. Ma rende bene l’idea del profilo del professionista di cui si sta parlando. Un avvocato che viene chiamato in campo quando ci sono partite complesse da giocare. Quelle in cui l’assistenza legale non ha una semplice funzione d’accompagnamento o di cornice rispetto alla realizzazione di un piano d’affari, ma è considerata uno dei fattori che potrà concorrere in maniera essenziale a determinarne il successo.

L’avvocato, del resto, fa parte di quell’empireo dell’avvocatura d’affari nazionale in cui, secondo l’ultima edizione della directory Chambers, siedono nomi del calibro di Michele Carpinelli, Sergio Erede, Francesco Gianni e Bruno Gattai. E non a caso, negli anni recenti, ha legato il suo nome a una lunghissima sequenza di operazioni d’alto profilo. È stato al fianco di Generali durante il tentativo di scalata di Intesa SanPaolo, ha assistito (assieme a Carpinelli) Rcs nel pieno della battaglia per la conquista del suo controllo tra Urbano Cairoe la cordata guidata da Andrea Bonomi, così come ha gestito per conto dei Moratti la vendita dell’Inter al magnate Erick Thohir o l’acquisizione di Indesit da parte della multinazionale Whirlpool.

Tutto questo basterebbe già a spiegare come mai i soci italiani di Linklaters abbiano considerato «un’opportunità unica» la possibilità di «aprire le porte dello studio a Casati» quando questi, arrivato al suo settantesimo natale (che in realtà compirà il prossimo 26 aprile), sarebbe dovuto uscire dalla partnership di Cleary Gottlieb, law firm americana in cui ha trascorso gli ultimi 14 anni della sua carriera.

Ma c’è dell’altro. E lo spiega bene in questa esclusiva intervista a MAG Andrea Arosio (nella foto), managing partner di Linklaters in Italia.

Potremmo parlare di fattore umano. Affinità intellettuale. Vicinanza di pensiero. E profonda conoscenza. «C’è tutto un blocco dello studio – ricorda Arosio – che non solo condivide un passato in Allen & Overy (primo studio internazionale di cui Casati ha fatto parte, ndr) ma ha in comune anche una storia in Brosio Casati», ovvero la boutique che l’avvocato milanese fondò assieme a Guido Brosio nel 1981.

«Roberto Casati – prosegue Arosio – è una figura unica nel panorama italiano. È uno dei pochi grey hairednel settore m&a che ha sempre operato a livello altissimo e che ha sposato gli studi internazionali e la loro filosofia. E l’ha fatto ante litteram. In Brosio Casati si applicava il lockstep quando nessuno, o quasi, qui in Italia sapeva cosa fosse». Il motivo è semplice. Casati ha avuto il suo imprinting di giurista d’affari negli Stati Uniti. Ll.M. alla Law school dell’Università del Michigan, laurea (oltreché alla Statale di Milano) alla Columbia e poi le prime esperienze in law firm come Baker Mckenzie e soprattutto Sullivan & Cromwell, a New York.

A chi gli fa notare che questo ingresso nel team italiano sembra contraddire il “patto generazionale” su cui Arosio stesso ha fondato la practice italiana di Linklaters undici anni fa (tutti soci, all’epoca, under 50, tutti accomunati da un modo nuovo di approcciare la professione), l’avvocato risponde senza difficoltà: «Fino a questo momento non avevamo mai cercato una figura più senior nel corporate o in altre practice. Non avevamo mai avanzato discussioni con alcuno». E poi aggiunge: «Quando si è presentata l’opportunità di prendere con noi Casati non abbiamo pensato nemmeno per un secondo di dire di no. Era un’operazione che aveva chiaramente senso perché riguardava proprio lui. È vero che ha una seniority diversa da quella del resto del gruppo, però ha un profilo che si sposa benissimo con quella che è la nostra cultura di studio, la nostra filosofia e la nostra mentalità. Siamo assolutamente allineati sul piano strategico, sul modo di vivere la professione e sul modo di essere avvocati d’affari in questo Paese e in questo momento storico».


A proposito di strategia, «lo studio – ricorda Arosio – sin dall’inizio si è dato come obiettivo il perseguimento dell’eccellenza in ogni settore in cui fosse stato presente. Con Casati avremo la possibilità di schierare un corporate di assoluto primo livello». L’avvocato, infatti, integra con la sua esperienza e la sua autorevolezza una practice che negli anni è riuscita a fare tanto e a crescere in modo significativo. Solo nel 2017, il team, con i soci Giovanni PedersoliGiorgio Fantacchiotti e Pietro Belloni ha lavorato a 23 operazioni per 13,9 miliardi di valore complessivo (si veda il numero 94 di MAG) posizionandosi tra i Best 10 per numero di deal. Tra questi, per esempio, l’assistenza a Burlington Loan Management nell’acquisizione del 44,86% di Prelios, così come la vendita di Allfunds Bank per conto di Santander, Intesa, Warburg Pincus e General Atlantic, oppure l’acquisizione del 95% di Morval Vonwiller per conto di Intesa SanPaolo.

In questo modo, un «corporate di primo livello» si va ad aggiungere alle practice di banking & finance e capital markets in cui lo studio vanta da tempo una sostanziale leadership di mercato. Si pensi al mercato dei capitali, dove la law firm ha mandato in porto l’aumento di capitale da 13 miliardi di euro di Unicredit così come diverse operazioni sul fronte npls al fianco di Cerberus European Investments e Bain Capital Credit. Ma anche nel banking puro, dove Linklaters si è recentemente occupato del rifinanziamento del debito Almaviva così come del finanziamento concesso da Unicredit e Intesa Sanpaolo a Deutsche Asset Management e InfraVia Capital Partners per l’acquisizione di Save.

«L’offerta Linklaters – sottolinea Arosio – così come integrata da Casati, ha il vantaggio di non avere limiti su qualsiasi tipologia di operazione complessa. Con lui potremo gestire qualsiasi operazione di m&a strategico avendo tutti i tasselli necessari per svolgere ogni incarico al massimo livello». La logica, quindi, è quella di consolidarsi sempre di più sulle operazioni ad alto valore aggiunto, le operazioni complesse. «È lì che si gioca la partita – dice Arosio –. Bisogna riuscire a muoversi insieme al mercato, puntando su operazioni e prodotti innovativi, quelli a cui viene riconosciuto uno specifico valore aggiunto. Diversamente, non si riesce a stare in questo modello di business». E questo, aggiunge il managing partner che ha appena archiviato un altro anno di crescita con il fatturato della sede italiana della law firm magic circle che ha sfondato il tetto dei 40 milioni (42 secondo la stima di MAG, +8% sul 2016), «sarà sempre più vero per via dell’ingresso delle tecnologie e del ricorso all’alternative resourcing nella professione».

Qui Linklaters è in partita già da tempo. Lo studio, a livello globale, è stato tra i primi a investire nell’intelligenza artificiale sviluppando un sistema denominato Nakhoda per l’analisi legale e la caratterizzazione dei documenti. In Italia non è ancora impiegato ma è solo questione di tempo. «L’intelligenza artificiale non è ancora applicabile ovunque in modo generalizzato. Detto questo, la tecnologia è molto presente nel nostro lavoro visto che usiamo specifiche piattaforme per gestire certi lavori di due diligence, così come per la comunicazione interna e quella con i clienti relativa alle varie fasi delle operazioni». Poi c’è il capitolo alternative resourcing in cui l’Italia ha fatto da apripista con il progetto Lecce (si veda il numero 85 di MAG). L’ufficio salentino «sta andando molto bene. Siamo già a 10 professionisti, traguardo che pensavamo di raggiungere in 18 mesi e che invece si è concretizzato in meno di un semestre».

Il trasferimento di una parte del processo produttivo dello studio in un’area geografica dove quel tipo di lavoro è compatibile con le attuali condizioni di mercato ha fatto molto discutere. Tuttavia, è convinto Arosio, «il futuro del settore si giocherà sul tema dell’agile working. Noi avvocati dobbiamo cominciare a guardare con curiosità quello che già sta accadendo in altri settori. E poi dobbiamo renderci attori del cambiamento anche nel nostro settore».

Ma cosa vuol dire cambiare il mind-set…

PER CONTINUARE  A LEGGERE CLICCA QUI E SCARICA LA TUA COPIA DI MAG

nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

Scrivi un Commento

SHARE