Intelligenza artificiale, le law firm prendono posizione

di nicola di molfetta

Qualcuno parla di “corsa agli armamenti”. Qualcun altro di costruzione di un nuovo “gold standard” legale. Di sicuro, nella storia delle professioni forensi ci sarà un prima e un dopo Chat Gpt. La piattaforma sviluppata da Open AI, lo scorso anno, ha sconvolto (fra le tante, anche) la vita di milioni di avvocati che, nel mondo, hanno sperimentato per la prima volta la portata dell’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro. Uno digita una domanda e quell’affare fornisce una risposta. Ma funziona davvero? La risposta è sì. Ma, c’è subito un ma. La tecnologia Gpt non può essere usata in campo aperto e modalità open source. E se la si vuole impiegare in modo professionale bisogna salire di livello, sviluppare i propri tool e accertarsi che siano capaci di fornire risposte affidabili in un ambiente digitale sicuro per sé e per i propri assistiti. Tradotto: si può usare l’intelligenza artificiale nella professione solo se si investe seriamente nell’intelligenza artificiale applicata alla professione.

Tra i primi a partire, su questo fronte, ci sono stati gli avvocati di Allen & Overy che già da novembre 2022 hanno avviato una collaborazione con Harvey, la società fondata da ex avvocati e tecnici e sostenuta dall’Open Ai Fund (ne abbiamo parlato nel numero di 196 di MAG). L’esito più recente di questo percorso si chiama Contract Matrix. Si tratta di uno strumento che ora la law firm sta presentando anche in Italia e che opera su Microsoft Azure (si veda il box). Si tratta di un tool di negoziazione dei contratti che utilizza l’intelligenza artificiale e altre tecniche per permettere agli avvocati di concentrarsi solo sulle questioni strategiche, “alleggerendoli” dall’elaborazione dei materiali. È stato stimato, che in determinati casi consente di risparmiare fino a sette ore di negoziazione. Al centro di questa tecnologia vi è un processo decisionale, e di giudizio, pari a quello di un professionista esperto. Lo strumento impiega sia la piattaforma di IA Harvey sia i prodotti Microsoft Azure OpenAI Service. Allen & Overy ha fatto già sapere che perfezionerà modelli ad hoc a seconda delle specifiche esigenze dei clienti. Lo strumento è stato studiato anche per ridurre le cosiddette “allucinazioni” in quanto i risultati elaborati dall’intelligenza artificiale sono basati su “benches” di know-how giuridico qualificato. A oggi, oltre mille avvocati di Allen & Overy utilizzano questo strumento internamente. Molti hanno anche partecipato attivamente alla sperimentazione, al perfezionamento e allo sviluppo, in vista del lancio. Nello scorso numero di MAG abbiamo parlato di Hogan Lovells e del suo Craig, soluzione di IA generativa che consente di semplificare la revisione, redazione e creazione di documenti legali. Ma i casi e i nomi di questi strumenti si moltiplicano giorno dopo giorno. Simmons & Simmons, per esempio, a fine 2023 ha alzato il velo su Percy. Chiamato così in onore di uno dei fratelli che hanno co-fondato lo studio. Questo strumento è alimentato dal Gpt 4 di Open AI. È un’IA che opera esclusivamente nell’ambiente interno di Simmons e viene utilizzato solo dai suoi avvocati. Con lo sviluppo di Percy, gli avvocati e gli altri dipendenti di Simmons hanno accesso a uno strumento dotato della potenza del Large language model (Llm) Gpt 4, modificato per allinearsi al lavoro dello studio, in condizioni di sicurezza. Percy, tra le altre cose, assiste i professionisti di Simmons nella generazione di risposte esaurienti, nella sintesi di testi e nella stesura di documenti e si innesta nella più ampia e condivisa adozione a livello internazionale di un asset tech iniziata da qualche anno con l’acquisizione di Wavelength che lavora con gli avvocati per creare soluzioni tech e AI based per i clienti e per lo studio stesso.
Linklaters, invece, ha scelto il nome Laila per il chatbot che, a novembre scorso, è stato presentato in una versione aggiornata frutto della cooperazione dei 2.500 utenti attivi interni allo studio che generano più di 2.600 domande al giorno. Laila è stata costruita all’interno della law firm dal team di sviluppo software, utilizzando l’infrastruttura Azure OpenAI di Microsoft. Anche in questo caso, tutte le richieste e le risposte sono conservate in un ambiente sicuro e controllato da Linklaters. L’analisi iniziale dei primi 6 mesi di utilizzo del chatbot ha mostrato che l’uso è stato globale, con richieste inserite in diverse lingue e da tutti gli uffici. Il team di sviluppo software di Linklaters ha collaborato con Microsoft per aggiornare regolarmente la “macchina”. La versione 2 riflette le caratteristiche specifiche richieste dallo studio, tra cui la possibilità di caricare documenti più lunghi, di eseguire prompt e output più lunghi e di accedere ai risultati in tempo reale da Internet tramite Bing.

A febbraio scorso, poi, è stato Clifford Chance a far…

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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