Intelligenza artificiale: ecco cosa c’è in ballo
Una strategia nazionale sull’intelligenza artificiale (AI). Il ministero dello Sviluppo economico (Mise) ha nominato un gruppo di 30 esperti che nei prossimi mesi avrà il compito di definire delle linee guida per individuare limiti e opportunità, azioni e investimenti che l’Italia dovrà mettere in atto per non restare indietro rispetto alla frontiera tecnologica.
L’Unione Europea e diversi Paesi si sono già attivati mettendo in campo le prime azioni. E adesso anche Roma si muove.
Il primo incontro di questo tavolo di esperti si è tenuto lo scorso 21 gennaio alla presenza del sottosegretario al Mise, Andrea Cioffi, che coordina il gruppo di lavoro assieme all’avvocatoMarco Bellezza, già counsel responsabile dell’area fintech e insurtech dello studio Portolano Cavallo, consulente giuridico del ministro Luigi Di Maio.
Il documento finale dovrà essere pronto per aprile. Dopodiché sarà sottoposto a una consultazione pubblica.
Tra i professionisti selezionati dal Mise (qui l’elenco completo) ci sono almeno cinque avvocati. Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori, Marco Pierani, direttore public affairs & media relations in Euroconsumers, Oreste Pollicino, professore di diritto Costituzionale alla Bocconi di Milano, Marco Scialdone, docente di diritto e mercati dei contenuti e servizi online presso l’Università Europea di Roma dove è tra i fondatori del Laboratorio di Diritto dell’Innovazione, InnoLawLab, e Giangiacomo Olivi (nella foto), partner dello studio legale Dentons.
MAG ha incontrato Olivi a Milano per provare a capire quale sia lo scenario in cui ci muoviamo. «La prima cosa da tenere presente – dice l’avvocato – è che ciò di cui parliamo non è il futuro, ma il presente». E in ballo, aggiunge, «c’è tutto. Io direi lo sviluppo e la sopravvivenza».
L’azione italiana, come ricorda Olivi, dovrà essere armonizzata rispetto al Piano europeo sull’AI lanciato lo scorso 7 dicembre 2018 e che ha individuato tre fondamentali ambiti di cooperazione. Il primo volto a stimolare la capacità tecnologica e industriale europea in materia di AI, per sostenere crescita, occupazione qualificata e nuovi modelli di business. Il secondo ad affrontare le sfide socioeconomiche emergenti e a modernizzare i modelli nazionali di istruzione e formazione. Il terzo a predisporre un contesto regolamentare adeguato, basato su diritti e valori fondamentali dell’Unione (si pensi alla privacy) e su principi di trasparenza e accountability.
L’Europa ha molto terreno da recuperare rispetto a Usa e Cina. Un dato significativo è quello degli investimenti privati dedicati al settore nel 2016. Secondo alcune stime elaborate da McKinsey, in Europa si sarebbero fermati al massimo a quota 3,2 miliardi di euro, mentre in Cina e negli Usa si dovrebbero essere attestati a non meno di 6,5 e 12,1 miliardi.
A Bruxelles ne sono consapevoli, tanto che la Commissione Ue intende investire a integrazione degli interventi nazionali mettendo sul piatto 1,5 miliardi entro il 2020 in ricerca e sviluppo legata all’AI a cui si andranno ad aggiungere almeno altri 7 miliardi per la programmazione a lungo termine.
«Questo è un lavoro che va fatto nell’ambito di una cooperazione più ampia – osserva ancora Olivi –. Una strategia non può essere concepita e sviluppata in modo atomistico. Ovviamente, penso al contesto europeo».
Nella visione di Olivi le opportunità sono enormi. «L’AI crea benefici in termini di efficienza. Chi usa i big data in modo attivo è due volte più profittevole e cinque volte più veloce a reagire rispetto al cambiamento. Questo crea opportunità di business. Anche la nostra professione andrà reinventata», afferma l’avvocato.
Da questo punto di vista, Dentons è…
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