Innovare significa anche rilanciare il valore sociale dell’avvocatura

di nicola di molfetta

Fra le cose che ci “portiamo via” dalla terza edizione della Legalcommunity Week c’è sicuramente la riflessione sull’importanza del ruolo sociale che l’avvocatura è chiamata a esercitare nel Paese. Il tema è stato al centro dell’intervento di Ferruccio de Bortoli (nella foto), key note speaker della conferenza d’apertura della manifestazione, lo scorso 10 giugno. Un appuntamento in cui abbiamo parlato di innovazione e cambiamento.

De Bortoli, che con buona parte della platea della Legalcommunity Week ha condiviso gli studi in Giurisprudenza, si è rivolto alla categoria definendola «élite sana di un Paese che non ha élite molto sane» e sollecitando il suo intervento su alcuni fronti cruciali per il futuro della comunità civile.

Il primo è quello della complessità dell’ordinamento giuridico, fatto di leggi scritte male e quindi difficili da interpretare. «Talvolta sembra di assistere al teatro dell’assurdo del diritto», ha detto l’ex direttore del Corriere della Sera e del Sole 24Ore.

Di fronte a quella che de Bortoli definisce una stagione di «sciatteria legislativa» non si può assumere un atteggiamento di rassegnazione. Gli avvocati non possono accettare passivamente questo stato delle cose e dovrebbero far sentire la loro voce per alimentare un dibattito mirato al perseguimento dell’efficienza nell’amministrazione. Serve un «sussulto di partecipazione da parte delle classi dirigenti più preparate e avvedute», ha detto de Bortoli. L’internazionalizzazione della categoria così come la sua specializzazione e dedizione esclusiva all’attività di business, non può diventare una sorta di aventino nazionale. Il disinteressamento si paga. Se ci limitiamo a fare spallucce, «non potremo lagnarci di un’opinione pubblica che scambia giustizia per vendetta e consenso per legittimità».

Il secondo tema affrontato da de Bortoli, invece, prende le mosse dall’andamento nel 2018 del mercato dei servizi legali d’affari. Proprio il 10 giugno, il Corriere Economia rilanciava i risultati dell’ultima edizione della Best 50 di Legalcommunity (si veda il  numero 121 di MAG).

La crescita del settore, sottolinea de Bortoli, rischia di essere messa in discussione se il ruolo dell’avvocato si confonde con quello del comunicatore o del lobbysta. E anche in questo caso, la provocazione diventa una sollecitazione al cambiamento. Regolamentare certe attività e definire chiaramente il loro raggio d’azione, infatti, sarebbe senza ombra di dubbio un buon inizio per legittimare anche da noi una professione che altrove (si pensi a Bruxelles) non solo esiste e viene chiamata col suo nome senza che ciò evochi sospetti o riprovazione, ma addirittura contribuisce in maniera sana al gioco democratico.

Infine, de Bortoli ha richiamato l’attenzione della platea della Legalcommunity Week sul tema della riservatezza dei dati e della tutela dei diritti soggettivi nel web. Anche qui, per il giornalista, serve «un ruolo pubblico e una voce più forte degli esperti» che dovrebbero sentirsi chiamati a dare un contributo non solo in qualità di professionisti ma anche in quanto persone libere e capaci di mettere in guardia l’opinione pubblica dai rischi di una nuova schiavitù digitale.

Bisogna aprire un dibattito pubblico serio ed edotto sui limiti dell’intelligenza artificiale in uno scenario in cui ci stiamo lanciando con spirito quasi fideista verso un futuro in cui la tecnologia avrà una presenza pervasiva nella società. «Si pensi solo alla questione del riconoscimento facciale e all’internet delle cose». Bisogna avere il coraggio di parlare di confini senza temere di essere scambiati per retrogradi.

Il cambiamento porta certamente grandi opportunità e noi, qui, ne siamo convinti. Ma attenzione a non confidare ciecamente nelle meravigliose sorti del progresso. In ballo, come ha detto de Bortoli, c’è comunque «la qualità della nostra democrazia».

La tecnologia si sviluppa a una velocità esponenziale. Politica e diritto, invece, conservano un passo più lineare, quasi novecentesco. Ecco, così non può funzionare.

E una grande comunità come quella forense può, anzi deve, dare un contributo «alla crescita della società anche andando oltre quello che è il compito stretto della sua professione».

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SOMMARIO

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