Fashion M&A, ecco gli avvocati protagonisti del 2018
Effetto Versace. In passerella sfilano i protagonisti del mercato della consulenza legale nel fashion m&a: le operazioni di fusione e acquisizione che interessano i grandi marchi della moda e del lusso made in Italy.
Nei primi nove mesi del 2018, parliamo di un mercato che, secondo l’osservatorio di legalcommunity.it ha registrato 13 operazioni per un valore complessivo di oltre 4,6 miliardi di euro. Numeri importanti ma in calo rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente quando i deal annunciati sono stati 17 e il controvalore complessivo di queste operazioni si è attestato sopra quota 24,7 miliardi. Tutto merito di una singola operazione, a dire il vero: il passaggio di Luxottica ai francesi di Essilor che da sola è stata accreditata per un valore monstre di 23,9 miliardi. Un mega deal a cui hanno lavorato gli studi legali BonelliErede, Cleary Gottlieb e Chiomenti che, come vedremo, appartengono al gruppetto di brand legali costantemente presenti nei grandi affari del fashion system.
Giusto per la cronaca, e forse per effetto trascinamento, il 2017 ha visto almeno altre due operazioni d’interesse nel comparto dell’eyewear. La prima è stata l’ingresso di Red Circle, holding di Renzo Rosso in Retrosuperfuture srl, a cui hanno lavorato gli avvocati di Legance; mentre la seconda è stata l’ingresso di Cartier in Kering Eyewear (con una quota del 30%) gestita sul piano legale dagli studi Grande Stevens e Delfino Willike Farr & Gallagher.
Detto questo, va sottolineato, che depurato dall’effetto Luxottica, il dato del valore dei deal fashion m&a al terzo trimestre 2017 scenderebbe drasticamente a 781 milioni. Anche se tra le 16 operazioni rimanenti resterebbero comunque tre transazioni di valore superiore ai 100 milioni: il passaggio del 50% di Prenatal ad Artsana (105 milioni di euro), seguito da Gattai Minoli Agostinelli, Lombardi Segni e Hogan Lovells; quello del 75% di Stefanel (126 milioni) alla cordata partecipata dai fondi Oxy e Attestor, a cui hanno lavorato i legali di Lombardi Segni, Bird & Bird e Fivelex; e soprattutto la vendita di Golden Goose al private equity Carlyle che è stata gestita dagli studi legali Gatti Pavesi Bianchi, Gianni Origoni Grippo Cappelli e soprattutto Latham & Watkins.
Mettendo a confronto l’andamento di questo mercato tra quest’anno e il precedente emergono chiaramente due dati.
Il primo è che le imprese nazionali sono quasi sempre target e raramente bidder nel gran ballo dell’m&a. Il secondo è che, contrariamente a quello che si pensa o si legge spesso nelle paginate di giornali che seguono gli annunci dell’ennesima cessione di un brand del made in Italy a qualche compratore straniero, la maggior parte delle operazioni vedono vestire i panni del compratore a un fondo d’investimento italiano o straniero a secondo delle dimensioni del deal in questione. Per essere più dettagliati, nei primi nove mesi del 2018, il 54% delle operazioni annunciate ha visto sedere sulla poltrona dei compratori fondi di investimento (quasi tutti italiani). Un dato che conferma quello relativo all’anno precedente quando a essere organizzate da private equity et similiasono state il 53% delle operazioni registrate.
Il che suggerisce un’altra doppietta di considerazioni: anzitutto che la prima ragione che vede andare sul mercato i player nazionali del settore è la necessità di recuperare risorse per alimentare piani di crescita e sviluppo e quindi non perdere competitività rispetto alla concorrenza. La seconda è che questi capitali non arrivano più dalle banche (“è il credit crunch bellezza!”) ma da operatori del capital markets che per mestiere studiano le potenzialità di un’azienda e scommettono sulla possibilità di creare valore sostenendone la crescita. Ovvio, si tratta di scommesse a tempo. E al momento dell’exit il destino dell’impresa in questione potrà essere quello di passare a un altro investitore, a un concorrente o, più raramente, tornare interamente nelle mani della proprietà originaria.
I primi nove mesi del 2018 hanno visto due grandi protagonisti del fashion system fare “ciao ciao” all’Italia…
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