Eredità digitale, un’analisi della prima sentenza in Italia

di giuseppe salemme

 

La notizia ha avuto una discreta eco sulla stampa nazionale. Ma forse non così grande considerato il tema, che con tutta probabilità sarà tra i più rilevanti nel futuro di un’umanità sempre più digitalizzata: lo scorso 9 febbraio la giudice Martina Flamini del Tribunale di Milano ha infatti sottoscritto la prima pronuncia di una corte italiana sul tema dell’eredità digitale.

La vicenda ha visto contrapposti Apple e i genitori di un giovane chef tragicamente venuto a mancare lo scorso marzo in un incidente stradale a Milano, i quali avevano chiesto alla società americana di poter accedere al contenuto dell’iPhone del figlio. Foto, video, audio, annotazioni e persino ricette, che il raggazzo era solito sperimentare e annotare sul suo dispositivo: tutti dati certamente di valore (affettivo o, perché no, patrimoniale) a cui Apple, per tutelare la privacy dell’utente e di eventuali “terzi” soggetti interessati, aveva negato l’accesso in mancanza di taluni requisiti (peraltro, come poi accertato, estranei all’ordinamento italiano).

IL CAUTELARE

Così, gli avvocati Mirko Platania e Assuntina Micalizio dello studio legale Lexpertise Legal Network, investiti del mandato dei genitori della vittima al fine di recuperare il più celermente possibile i dati contenuti nell’iPhone, hanno optato per lo strumento processuale del provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. «Abbiamo ritenuto fosse il mezzo migliore per conseguire un risultato in tempi brevi», spiega l’avvocato Platania a MAG. «La casistica estera sul tema che abbiamo approfondito era ricca di lunghi contenziosi, durati fino a 8 anni, e non sapevamo nemmeno se i nostri clienti avrebbero sopportato di intraprendere una battaglia processuale così duratura».

Scelto il mezzo processuale idoneo, gli avvocati hanno dovuto dimostrare la sussistenza di fumus boni iuris e periculum in mora, i due fondamenti di ogni provvedimento cautelare, che il giudice Flamini ha riscontrato essere effettivamente presenti nel caso di specie.

Da un lato, infatti, l’art. 2-terdecies del Codice in materia di protezione dei dati (come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n.101) garantisce che “i diritti […] riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione”; il regolamento europeo per la protezione dei dati personali (GDPR), infatti, lascia ai singoli stati la libertà di disporre in materia di trattamento dei dati di persone defunte (Considerando 27), e anzi autorizza espressamente il trattamento dei dati personali necessario per il “perseguimento del legittimo interesse” del titolare o di terzi (art. 6, par. 1, lettera f).

Il requisito del periculum, invece, è stato giudicato sussistente in quanto è stata la stessa Apple a confermare che i dati dell’account iCloud si autodistruggono dopo un dato periodo di inattività.

Sulla base di questi rilievi, il Tribunale ha dunque ordinato a Apple Italia (peraltro rimasta contumace nel procedimento de quo) di assistere i due genitori nel recupero dei dati del figlio, non mancando di notare come la policy del colosso di Cupertino in materia di recupero dei dati da account di persone defunte non sia compatibile con l’ordinamento italiano. «La speranza è che le società come Apple rivedano le loro policy, in quanto basate su “paletti” che hanno senso probabilmente solo nell’ordinamento americano: con un telefono italiano, in Italia, non ci si può arrogare di applicare norme pensate per gli Stati Uniti» sostengono gli avvocati Platania e Micalizio, che sperano che il loro lavoro contribuisca a dare rilevanza alla problematica della successione nel patrimonio digitale: «Questa decisione ha rivelato un problema anche di tipo etico: chi dovrebbe essere il destinatario di questo tipo di dati in caso di morte? Si parla di solito di foto o video con valori affettivi, ma nulla vieta che i dati assumano rilevanza patrimoniale.» Una soluzione potrebbe essere trovata nel solco tracciato da Facebook, che da tempo permette di nominare un “contatto erede” che potrà gestire l’account in caso di morte del proprietario: «Già all’atto dell’acquisto dello smartphone o della registrazione dell’account si potrebbe designare il proprio erede digitale» propongono gli avvocati di Lexpertise. «Auspichiamo in ogni caso che il precedente creato possa rappresentare l’inizio di una nuova era nella gestione dei nostri dati personali, con una seria riflessione da parte delle aziende IT su queste tematiche e una regolamentazione il più possibile unitaria della materia, anche a livello comunitario».

COSA RESTA DA FARE

La pronuncia del Tribunale di Milano, si è detto, è al momento un unicum in Italia. Ma sembra inevitabile che simili dispute diverranno sempre più frequenti, e precise scelte normative dovranno essere prese a riguardo. Lo crede sicuramente l’avvocato Alessandro D’Arminio Monforte dello studio legale Networklex, che da tempo si occupa di successione nel patrimonio digitale ed è il primo giurista in Italia ad aver pubblicato un libro sul tema (edito da Pacini).

«La prima cosa che ho pensato mentre leggevo la sentenza del giudice Flamini è stata “finalmente”» confessa l’avvocato a MAG. «Vedere un provvedimento di un giudice che “riconosce” tra i beni facenti parte della successione ereditaria anche quelli digitali, peraltro contenuti all’interno di un “cloud”, è un successo. Nonostante nella decisione siano stati considerati solo gli aspetti relativi alla privacy e non quelli di diritto delle successioni, un dato è evidente: l’articolo 2-terdecies si dimostra essere, da un lato, uno strumento utile agli eredi per poter entrare nel possesso dei beni digitali ereditari e, dall’altro lato, un mezzo giuridico per pianificare il destino dei beni digitali online, seppur con dei limiti. Voglio “sperare” che questo provvedimento sia solo il primo di tanti».

Come conferma l’avvocato Monforte, infatti, l’individuazione o la creazione ex novo di uno strumento adeguato per poter trasferire post-mortem il proprio patrimonio digitale è una delle grandi…

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