Effetto Cr7? Al Calcio italiano serve un vero rilancio

È il 10 luglio 2018. Il sito della Gazzetta dello Sportbatte il titolo che otto milioni di tifosi bianconeri aspettano con trepidazione: «Ronaldo-Juve: è ufficiale! Al Real 105 mln».

Nulla da aggiungere. L’Italia sembra tornata l’ombelico dell’universo calcistico.

Il gol, sul piano legale, lo siglano lo studio portoghese Morais Leitão Galvão Teles Soares da Silva, che affianca il fuoriclasse 5 volte pallone d’oro proveniente dal Real Madrid e l’associazione professionale torinese Tosetto Weigmann di cui è socio Cesare Gabasio, da diversi anni ormai legale di riferimento della Juventus.

Si comincia a parlare di effetto Cr7. E a beneficiarne è prima di tutto la Vecchia Signora. Appena 10 giorni dopo l’ufficializzazione dell’arrivo, secondo FoxSports.it, gli store ufficiali della Juve hanno già venduto 520mila divise con su stampato il nome di Cristiano Ronaldo e il numero 7. Tradotto in soldoni, si parla di un incasso di 10,2 milioni di euro. La notorietà social della squadra guidata da Massimiliano Allegri sale alle stelle, il canale You Tube a luglio è il più visitato del mondo e su Instagram la pagina della Juventus supera i 15 milioni di followers.

Poi c’è la Borsa. Il 24 agosto il titolo torna ai massimi storici e la capitalizzazione del club raggiunge e supera il tetto del miliardo di euro.

Insomma, dubbi sul fatto che questa sia stata l’operazione di calcio mercato dell’anno non ce ne sono. Ed è lecito chiedersi se questo possa essere l’inizio della ripresa per il sistema-pallone in Italia.

MAG ne ha parlato con Luca Ferrari, partner a capo della practice globale dello studio Withers dedicata allo sport. «È vero che l’operazione CR7 ha dato grande visibilità e impulso al settore. Però il calcio Italiano, e non lo dico io, è rimasto indietro, non si è sviluppato, non ha scelto di andare verso una maggiore managerialità, maggiore aggressività economica ed è rimasto indietro. Il volume d’affari si è ridotto e altri mercati l’hanno sorpassato. La Juve, al momento, è un’eccezione».

Ferrari, classe 1965, nato a Foligno ma di origini friulane, è uno dei pochi fuoriclasse del diritto dello sport in Italia. Il suo segno distintivo è l’understatement. Non ama apparire, pur lavorando in un settore che potrebbe offrirgli molta visibilità. «Nel corso della mia carriera – racconta a MAG – ho fatto una scelta fondamentale: fare l’avvocato». Le alternative sarebbero potute essere diverse: procuratore, manager, avvocato-manager o viceversa. Ma lui ha scelto di tenere la barra dritta («per fare questa professione serve un livello di specializzazione e competenza che non è compatibile con altre attività») e seguire la sua vocazione professionale che, dopo una lunga esperienza in Cba, nel 2014 lo ha portato a diventare socio di Withers. «È stato il matrimonio perfetto – dice Ferrari – perché mi ha consentito di dare ai miei assistiti una gamma di servizi molto ampia beneficiando dei vantaggi di una piattaforma internazionale».

Ma chi sono questi assistiti? Qui l’avvocato…

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