Avvocati, c’è vita oltre Linkedin?
di giuseppe salemme
L’ultima volta che su queste pagine si censiva la presenza social dei Best 50, i primi cinquanta studi legali d’affari d’Italia per fatturato, era l’ottobre 2021 (e i dati risalivano all’agosto di quell’anno).
Non che sia necessariamente una notizia, ma nei due anni trascorsi da allora è cambiato più il mondo del web che il mercato legale. Abbiamo imparato (a fatica) cosa significa metaverso; per poi dimenticarlo con l’arrivo dei chatbot intelligenti, che come mai prima hanno palesato le capacità dell’intelligenza artificiale. A farne le spese è stata in primis Facebook, ora ribattezzata Meta, il cui discutibile all-in sul metaverso sembra aver aperto la prima vera stagione di crisi dell’industria social. A proposito, ha cambiato nome anche Twitter: ora si chiama X, è stato acquisito da Elon Musk, che lo gestisce in maniera alquanto lunatica e che pare voglia farne un’app tuttofare (sono già state implementate chiamate audio e video, per dire). Nel frattempo, tra polemiche e dubbi sulla privacy, l’app cinese Tiktok è diventata la piattaforma di riferimento della gen-z e non solo, mentre Instagram (anch’essa appartenente alla galassia Meta) ha provato a seguirla a ruota proponendo anch’essa ai suoi utenti un flusso continuo di mini-video. In mezzo a tutto questo, qualcuno ha intravisto per la prima volta la “fine dell’era social”, almeno per come l’abbiamo conosciuta finora.
Cosa significa tutto questo per gli studi legali d’affari? Vediamolo, prendendo in considerazione come sempre tutti e solo i profili social italiani degli studi presenti nell’edizione di quest’anno della Best 50.
SAFE HARBOUR
Sono sempre ragioni di business a orientare la scelta di presidiare o meno uno spazio, anche virtuale. Per gli studi queste sono essenzialmente due: possibilità di guadagnare clienti o di rendersi appealing verso potenziali futuri collaboratori. Nel mare di dubbi sul futuro delle piattaforme social, sul tipo di utenti che le frequenteranno e su come eventualmente presidiarle, gli studi si rifugiano nel loro porto sicuro. Linkedin è il social d’elezione della business community, nonché quello rimasto più stabile e vicino alla definizione originaria di social network incentrata su contatti e collegamenti. Anche per questo, è l’unico luogo virtuale da cui le law firm non possono prescindere, nonché l’unico che valga la pena analizzare più nel dettaglio per capire quale delle strategie social adottate dalle varie insegne stia dando i frutti migliori.
Negli ultimi due anni, il network dei primi 50 studi italiani su Linkedin è cresciuto del 44,19%: sono più di 190mila i follower guadagnati complessivamente dalle insegne prese in esame.
Un dato trainato dal balzo di Deloitte Legal, che fa registrare la crescita più interessante sia in percentuale che in valore assoluto, più che raddoppiando i follower rispetto a due anni fa e arrivando a insidiare da vicinissimo il primato di BonelliErede, che pure ha accresciuto la platea di seguaci di quasi il 40%. Completano la top five, invariata nell’ordine rispetto al 2021, Gianni & Origoni (+28,19%), Chiomenti (+37,22%) e Advant Nctm (+20,03%); sebbene Pirola Pennuto Zei e Legance, che fanno registrare crescite rispettivamente del 48,6% e del 39,29%, siano vicinissimi.
Da segnalare poi gli ottimi risultati di Grimaldi Alliance, che raddoppia il suo pubblico facendo registrare un +104,65%, e Gatti Pavesi Bianchi Ludovici, che ci va vicino con +73,2%: entrambi sfondano così il muro dei 10mila followers. Altrettanto buoni in percentuale, sebbene su ordini di grandezza diversi, i risultati di Trifirò & Partners, Eversheds Sutherland, Andersen Italy e Grande Stevens.
STASI
Negli altri social la situazione invece è quella di una sostanziale stasi. In primis su Facebook e Instagram, che negli ultimi 24 mesi non hanno accolto nuovi studi della Best 50 né hanno registrato crescite particolarmente degne di nota per coloro che già vi erano presenti. Due anni fa avevamo descritto come la presenza su piattaforme incentrate su contenuti video come Youtube e Vimeo fosse la…
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