Avvocati, no tech no party
Lungi da me fare l’apologia delle tecnologie legali. Sebbene il fatto di avere scritto un libro sul tema potrebbe far sembrare questo incipit alquanto sospetto, la questione su cui vorrei attirare la vostra attenzione lo rende in qualche modo necessario. Qui facciamo i giornalisti. E osservare quello che accade sul mercato è il nostro mestiere.
Ebbene, nel 2020, nonostante virus, pandemia e lockdown, il legal tech ha continuato ad attirare capitali. Meno, rispetto ai due anni (record) precedenti. Ma comunque, le aziende del settore hanno portato a casa una cifra stimabile abbondantemente sopra i 750 milioni di dollari a livello globale.
Ma non è questo che ci interessa. Il dato più rilevante, al di là della cifra in sé, è rappresentato dalla destinazione di questa massa di denaro. Già, perché buona parte di queste risorse sono andate a foraggiare progetti e iniziative in due specifiche aree del settore legal tech: quello del contract management e automation, e quello del practice management.
Sul primo fronte, per citarne qualcuno, Ironclad ha raccolto 100 milioni. La società di San Francisco ha realizzato il record di “categoria” ma non è stata l’unica realtà attiva sul fronte contratti ad attirare capitali. Nell’elenco compaiono anche Agiloft (45 milioni), SirionLabs (44 milioni), LawGeex (20 milioni) e potremmo andare avanti.
Quanto al practice management, il deal dell’anno è stato probabilmente l’investimento da 193 milioni realizzato da Apax in MyCase, al quale si accompagnano anche il passaggio di Headnote al portafoglio di ASG LegalTech, o l’acquisizione di Rocket Matter da parte di Lightyear Capital.
Il magnetismo che certi settori esercitano sui capitali privati dovrebbero far suonare un campanello nella testa di tanti avvocati.
È evidente che buona parte del settore della contrattualistica sarà sempre più appannaggio di macchine ovvero di organizzazioni professionali capaci di realizzare efficienze grazie all’impiego di tools digitali. La corsa agli armamenti tecnologici indica la strada che il settore sta prendendo. E se questi progetti continuano ad attirare quattrini (nonostante crisi e cigni neri) significa che la domanda per questa tipologia di prodotti è attesa in costante crescita. Così come accade per la domanda di efficienza gestionale. Il che si riflette nel successo che hanno gli strumenti di practice management. Velocità, puntualità, accuratezza, mobilità, sono tutti elementi essenziali per non perdere il passo del mercato che si muove a ritmo sostenuto e vuole consulenti che abbiano gambe e fiato adeguati.
Ricapitolando. Gli effetti della nouvelle vague tecnologica cominciano a essere percepibili. Pezzi di lavoro passano dalla gestione tradizionale a una gestione che nella migliore delle ipotesi è mista (uomo-macchina). Intanto, l’organizzazione dello studio e delle sue funzioni non può più prescindere da un’infrastruttura digitale moderna.
Per stare sul mercato bisogna essere tech compliant. Altrimenti? No party.
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