Il caso NET, avvocati in rete

di giuseppe salemme

Risale all’ottobre 2019 l’ultima intervista di MAG l’avvocato Alberto Vermiglio. Si avvicinava il termine del suo mandato da presidente di Aiga – Associazione italiana giovani avvocati, e quella fu l’occasione per fare un parziale bilancio del suo mandato. Con due anni di pandemia in meno sul groppone, la situazione dell’avvocatura italiana appariva meno critica rispetto a oggi (si veda il numero 186 di MAG), ma molte delle tematiche presentate come rilevanti all’epoca sono oggi diventate urgenti, o comunque quotidianamente all’ordine del giorno.

Su tutte: formazione e specializzazione, crescita dell’attività consulenziale a scapito di quella giudiziale, progressivo invecchiamento dell’avvocatura, necessità di innovare.

Insomma, la visione della professione espressa tre anni fa si è rivelata assolutamente centrata. Ed è proprio da quella visione che muove il progetto Net Avvocati Associati, raccontato da Vermiglio in questa nuova chiacchierata con MAG.

A caratterizzare Net è innanzitutto un particolare approccio “geografico”: lo studio nasce per coprire, fin da subito, l’intero territorio nazionale in maniera diretta e capillare. A tal fine, è stato presupposto un modello ibrido innovativo, a metà strada tra uno studio multidisciplinare classico e un network: accanto al nucleo centrale dei 7 partner fondatori, troviamo infatti una rete di circa 120 local partner. Uno studio che si presenta come “diffuso”, improntato ai valori della sostenibilità e dell’avvocato “a chilometro zero”. E rispetto al quale Aiga rappresenta la fucina non solo delle idee che stanno alla base del progetto, ma anche dei rapporti personali tra i professionisti che gli hanno dato vita: non è un caso che tra gli avvocati di Net figurino, oltre al managing partner Vermiglio, altri tre presidenti emeriti dell’associazione (Antonio De Angelis, Dario Greco e Giuseppe Sileci).

Avvocato Vermiglio, quando e come nasce il progetto Net?
L’idea ci è venuta nel settembre 2021, ed è stata concretizzata questo marzo. La comune esperienza associativa ci ha trasmesso l’importanza delle aggregazioni professionali. E abbiamo pensato di mettere insieme diverse competenze ed esperienze professionali per lanciare una struttura di studio “diffuso”.

In che senso?
L’esperienza associativa ci ha insegnato che la capillarità sul territorio è un valore. E noi abbiamo cominciato a chiederci se ci fosse mai stato un singolo studio caratterizzato da una capillarità strutturale, e non legata ai rapporti del singolo avvocato. Siamo partiti da questo presupposto: avere più si un avvocato in ogni foro già a monte, in struttura, può rappresentare un valore aggiunto importante.

Come avete messo in pratica questo concetto a livello organizzativo?
Con un nucleo di soci fondatori centrale, costituito da sette studi legali già strutturati nelle relative città di provenienza, che vanno a creare i due hub centrali dello studio a Roma e Milano. A cui si aggiunge una rete di circa 120 local partner territoriali, suddivisi per regione e che collaborano con noi in forza di un accordo che regola i contributi in termini di lavoro e clientela. Tutti con, ovviamente, la possibilità di progredire qualora raggiungano determinati obiettivi.

Si tratta di un modello abbastanza particolare, almeno nel panorama italiano…
Lo sappiamo benissimo, e il nome dello studio vuole rispecchiare un po’ la particolarità di questo modello ibrido. Il tutto nasce dalla necessità di fare gli avvocati in modo nuovo, non ancora presente nell’enorme offerta che c’è nel Paese. Ma posso dire che anche all’estero è difficile trovare uno studio con una struttura simile a monte.

Quale ritiene essere stato il più grande plus che l’esperienza nell’associazionismo ha dato alle vostre capacità di pensare e realizzare un simile progetto?
Un piccolo aiuto sicuramente l’ha dato la…

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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