Giovanni Lega: «La professione è dei giovani»

Dare vita a una struttura capace di durare nel tempo. Quando Giovanni Lega (nella foto) parla del nuovo corso di LCA, lo studio fondato assieme a Paolo Colucci nel 2004, è come se parlasse di un’azienda. Sarà che, come lui stesso ricorda, viene da una famiglia di imprenditori. Sarà che ha da sempre cercato di farsi interprete del cambiamento che attraversa la professione legale e il mercato in cui si inserisce. Lega ha deciso di indossare i panni del capo cantiere o direttore dei lavori e costruire una realtà dinamica, fondata sui giovani, dove non si fanno più distinzioni tra soci e collaboratori ma in cui operano solo avvocati che, a ogni livello, si devono sentire protagonisti del loro progetto professionale.

LCA è diventato una sorta di laboratorio per la sperimentazione di un nuovo modello di studio legale?
Non lo so, certo stiamo facendo del nostro meglio. Noi siamo imprese, piccole o medie imprese di servizi, e dobbiamo cercare di riflettere questo anche all’interno delle nostre strutture, dedicando sempre più attenzione agli uomini.

Questo cosa comporta?
Grande creatività e lungimiranza, in assenza di una specifica normativa. E soprattutto grande entusiasmo.

In che senso?
Nel senso che l’entusiasmo è il driver dell’impegno per far sì che gli studi legali italiani possano finalmente diventare delle entità self standing. Sganciate, nel loro percorso, dalle figure dei loro fondatori o di alcuni avvocati.

Per questo avete ripensato il vostro brand?
Il brand oggi può diventare il nucleo attorno al quale fondare un centro d’eccellenza che si esprima nel contesto lavorativo e nelle procedure. Bisogna far crescere nelle persone il sense of belonging. Bisogna far sentire ai professionisti che sono parte della struttura e non solo dei numeri all’interno di essa.

E la sensazione è che questo percorso sia partito dai giovani…
Stiamo creando una realtà dinamica. E quindi non poteva che essere così. Abbiamo cominciato a dare voce ai giovani. Abbiamo creato uno Young Think Tank che contribuisce attivamente alla definizione delle strategie dello studio.

E poi avete deciso di abolire i titoli.
L’idea è stata quella di dire basta alle rendite di posizione. Per questo abbiamo scelto di eliminare i titoli. Nessuna distinzione formale tra partner, associate, eccetera. Qui siamo tutti professionisti. E dico di più: anche l’esame di Stato non è di per sé significativo, essendo di fatto un random shot.

Cioè?
Quello che conta è se un professionista è bravo e se sa stare sul mercato.

L’abolizione dei titoli interni sarà stata uno choc per qualcuno…

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