Giovani avvocati, se si va all’estero bisogna esser pronti a competere
Tra Belgio e Spagna, la storia di Andrea Tel (nella foto) conferma che il percorso che porta i giovani avvocati italiani ad andare all’estero e a muovere in un Paese straniero i primi passi della loro carriera, spesso è il frutto di passione, curiosità e coincidenze. Non è una passeggiata, ma può rivelarsi una scelta capace di dare grandi soddisfazioni. Ma, avverte il legale: «Bisogna essere pronti a misurarsi con un mercato ad alto tasso di competitività».
Dove hai studiato?
Mi sono laureato in giurisprudenza a Milano, in Bocconi, e ho completato al King’s College di Londra l’LL.M. in Competition Law.
Vieni da una famiglia di avvocati?
Assolutamente no. Nella mia famiglia non ci sono mai stati avvocati.
Perchè hai deciso di fare legge e poi di intraprendere questa carriera?
All’inizio ho tentato gli studi di Economia, ma poi ho scoperto una maggiore vocazione per il diritto.
Quando e perché hai deciso di andare all’estero?
Da sempre ho voluto esplorare altri Paesi e ambienti culturali. Dopo due esperienze di scambio in Spagna e Olanda durante gli studi, sono partito per Bruxelles un mese dopo la laurea.
Pensi sia una scelta alla portata di tutti?
Dipende. La disponibilità di risorse famigliari sicuramente aiuta e facilita il percorso all’estero, che può prevedere stage non – o poco – retribuiti. Tuttavia è possibile intraprendere questo percorso anche “partendo da zero”. Un caro amico, ad esempio, prima di iniziare una carriera tardiva nel diritto, vendeva dischi in Italia. Allo stesso tempo, in entrambi i Paesi i salari d’entrata, parametrati al costo della vita, sono nettamente superiori all’Italia.