Ventoruzzo e Sacco Ginevri: dialogo sul ruolo dei “prof.” nell’avvocatura
Dall’Università allo studio legale. E ritorno. Qual è il ruolo dei professori nell’avvocatura moderna? Come s’inseriscono in organizzazioni complesse, articolate, orientate al business? E inoltre: qual è la capacità di dialogo e interazione che l’Accademia riesce a esprimere con la professione forense. Quali sono i suoi compiti imprescindibili e quali le frontiere da esplorare. MAG ha deciso di avviare un dibattito su questo tema alla luce dei profondi mutamenti che stanno caratterizzando la figura degli avvocati professori o dei professori avvocati nel mercato dei servizi legali. E per farlo ha incontrato due dei profili più rappresentativi di questa nuova generazione di accademici, ovvero, Andrea Sacco Ginevri, socio di Legance e ordinario di diritto dell’economia presso l’Università Uninettuno di Roma, e Marco Ventoruzzo, of counsel di Gattai Minoli & Partners.
Università e studi legali: così lontani e così vicini. Sentiamo spesso dire che l’accademia non prepara alla professione. Cosa ne pensate?
Andrea Sacco Ginevri (ASG): Il rapporto fra Università e studi legali vive oggigiorno un intenso interscambio culturale, caratterizzato da un ammodernamento dell’offerta didattica, attenta all’evoluzione della società, e dal coinvolgimento di professionisti d’esperienza nell’insegnamento a contratto di materie specialistiche. Il binomio Università-professione mira a formare neolaureati in grado di affrontare i problemi concreti, spesso nuovi, con uno strumentario adeguato, che si affinerà nel tempo sul campo.
Marco Ventoruzzo (MV): Occorre distinguere e non deve essere un alibi. L’università deve innanzitutto insegnare a ragionare da giurista e trasmettere le nozioni su cui costruire la propria professionalità, incluse quelle non strettamente giuridiche. Altre conoscenze e capacità devono inevitabilmente acquisirsi sul campo e gli studi devono fare la loro parte. Però spesso la formazione universitaria pecca di astrazione, dimentica problemi attuali e concreti, e troppi laureati non scrivono e discutono bene. Su questo occorre dialogo.
Proviamo a razionalizzare: tre priorità su cui intervenire?
MV: Interdisciplinarietà, internazionalità e “immersione”. L’avvocato deve interloquire con problemi di finanza, contabilità, nuove tecnologie: senza penalizzare i pilastri giuridici, occorre collegarli a linguaggi e sensibilità diverse. La dimensione internazionale non è poi solo importante per business lawyers di grandi studi, e va coltivata di più. Infine “immergersi” in esperienze pratiche: clincs, stages, processi simulati, scrivere atti devono integrarsi con il curriculum istituzionale.
ASG: Approfondimento, grandangolo, adattamento. Quel che talvolta lamenta la comunità professionale è la difficoltà a scendere in profondità, con la dovuta attenzione a un contesto di riferimento che è sempre più internazionale e interdisciplinare e alle ricadute strategiche, anche di medio-lungo periodo, delle soluzioni individuate. Circostanze, queste, che richiedono preparazione, visione e flessibilità.
Cosa cercano gli studi legali quando bussano alla porta delle università?
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