UN SECONDMENT D’ATTENZIONE

di nicola di molfetta

Trovare nuovi clienti o entrare nel panel di aziende di prestigio non è facile. Sempre più studi usano una strategia chiamata secondment. Un tempo, questo termine indicava l’usanza di mandare un giovane avvocato di studio per un certo periodo all’estero. Il secondment era sostanzialmente un’esperienza di formazione e arricchimento professionale durante la quale si aveva modo di scoprire come funzionava un’altra realtà a spese del proprio studio.

Negli ultimi anni, lo scenario è cambiato. E sempre più spesso, i secondment vengono svolti in azienda. La dinamica è semplice: sempre più studi subaffittano a un cliente un avvocato, molto spesso un junior, che per un dato periodo di tempo frequenterà l'azienda come un dipendente dando una mano al dipartimento legale, aiutandolo nella gestione dell'ordinaria amministrazione in momenti di picco di lavoro. Doppio vantaggio. Anzi, triplo. Per un certo periodo il giovane avvocato se lo paga il cliente con un minimo di margine per lo studio. Secondo, il giovane avvocato amplia le proprie vedute, scopre a cosa serve o dovrebbe servire la professione, comprende e interiorizza il punto di vista del cliente. Terzo, lo studio mette un piede in azienda e se riesce a sottoporre all'attenzione del cliente il profilo di un junior brillante, può facilmente trasformare il secondment in un contratto di assistenza continuativa.

Rischi? Un tempo il rischio principale era rappresentato dalla possibilità che il cliente s'innamorasse del giovane avvocato e gli offrisse un'assunzione lasciando appiedato lo studio che seguiva al rimorchio l'evoluzione della relazione tra il giovane legale e l'impresa che gli aveva dato ospitalità. Oggi, tuttavia, questo è un rischio marginale considerato che in tempi di spending review sono davvero poche le aziende in grado di offrire un contratto d'assunzione.

Le opportunità, invece, appaiono decisamente più evidenti. Come accennato lo studio ottiene almeno due vantaggi: fa maturare più in fretta il proprio junior e si alleggerisce dell'onere rappresentato dalla sua retribuzione mensile caricandola sul proprio cliente.

Tuttavia, questa pratica comporta l'accettazione di un possibile cambiamento nelle dinamiche relazionali tra lo studio e il cliente. Infatti, il periodo di secondment, se svolto con successo può far sì che il rapporto tra studio e cliente non sia più sotto il pieno e totale controllo di uno dei soci, ma sia profondamente legato al legame che si è creato tra il committente e il giovane avvocato. Si tratta di un’eventualità più che probabile. E che lo studio deve essere pronto a gestire. In che modo? Anzitutto evitando di cedere alle lusinghe del cliente che comincerà a chiedere rinnovi ad libitum del secondment con il giovane brillante avvocato. Quindi avendo la capacità di trasformare l'esperienza del secondement nella premessa per la creazione di un rapporto stabile con il cliente ma nella veste di consulente esterno. Infine, gratificando il giovane avvocato che ha "conquistato" il cliente.

Gli aumenti di retribuzione o i bonus sono graditi, ma non sono l'unico modo. Dare più responsabilità al giovane avvocato, fargli capire che il cliente dello studio è un cliente suo e potrà seguirlo con una sostanziale autonomia, sarebbe una ricompensa ancora più grande. Un segnale di fiducia e apertura, capace di incidere sulla crescita del senso di appartenenza e attaccamento del giovane professionista allo studio. E di smentire chiunque voglia insinuare che i giovani in secondment fungono solo da esca. Piccole mosche infilzate all'amo e agitate sotto il muso del nuovo pesce da pescare.

nicola.dimolfetta@legalcommunity.it
TWITTER: @n_dimolfetta

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