UDINESE, PONTI CHIUDE LA PARTITA DEGLI ABBONAMENTI

Atto finale della vicenda relativa agli abbonamenti all’Udinese, sottoscritti da CAFC SpA negli anni 2005 e 2006. La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con una sentenza depositata il 24.10.2014 (n. 22608/14), è intervenuta annullando la sentenza della Corte dei Conti, sezioni centrali di appello, che confermando una precedente pronuncia della sezione del Friuli Venezia Giulia, aveva condannato l’allora Presidente Alessandro Colautti e l’allora direttore generale Angelo Minighin a rifondere l’importo della spesa sostenuta (per un totale di euro 6.689,20).

La sottoscrizione degli abbonamenti, quale spese di rappresentanza della società in un momento particolare della sua storia, allorquando cioè era in cerca di alleanze e di sviluppo per una sua espansione (si ricorderà, ad esempio, l’acquisizione del ramo acqua da AMGA, percorso conclusosi solo di recente), aveva originato ben due procedimenti, una contestazione in sede penale per abuso di ufficio, ed una richiesta restitutoria da parte della Corte dei Conti, per il recupero delle somme pagate.

In sede penale non solo c’era stata assoluzione con la formula più ampia, ma la sentenza del Tribunale di Udine aveva anche riconosciuto la piena legittimità della spesa, inserita all’interno di quelle sostenute a titolo di rappresentanza, che come tali “rispondevano ai criteri di congruità (stabiliti in termini percentuali sul fatturato dalla normativa fiscale, ed ammontando il fatturato della società a 20 milioni di euro)”. Di diverso avviso la Corte dei Conti, che non aveva voluto tenere conto della pronuncia assolutoria in sede penale; ora, è intervenuta con parola finale la Suprema Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, che ha annullato la condanna in sede contabile aderendo alla tesi dell’avvocato Luca Ponti, che ha sempre sostenuto che gli esborsi quali “spese di rappresentanza” erano del tutto legittimi, avendo anche contribuito al successo della società permettendole di coltivare relazioni alla prova dei fatti determinanti per la riuscita delle aggregazioni nell’ambito della gestione dell’acqua in Provincia di Udine; nel contempo CAFC, nella conformazione dell’epoca, non era ancora divenuta una società “in house”, rivestendo invece la natura di soggetto aperto alla partecipazione dei privati, potendo pertanto operare con modalità del tutto analoghe a quelle di una comune società commerciale.

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