Tre “lezioni” che l’avvocatura d’affari ha dato alla professione
Dipende da come li si legge e da dove li si guarda. Di cosa parliamo? Dei numeri, ovvio. Anche quest’anno MAG si presenta puntuale all’appuntamento con lo speciale dedicato ai fatturati dei primi 50 studi legali d’affari in Italia. Essendo passato un decennio da quando abbiamo cominciato con questa pubblicazione, non possiamo sottrarci a una analisi comparativa e ad alcune riflessioni di fondo.
La prima, la dice lunga sulla eccezionalità di questo microcosmo forense, che noi cronisti osserviamo quotidianamente. In dieci anni, il mercato dei servizi legali d’affari ha praticamente raddoppiato il suo valore. Nel 2012, le insegne della Best 50 di MAG e Legalcommunity mettevano assieme un fatturato complessivo di 1,595 miliardi di euro. Nel 2022, il campione oggetto della nostra analisi è arrivato a muovere un giro d’affari di 3,255 miliardi di euro.
Nello stesso periodo, l’avvocatura nazionale ha visto passare il suo volume d’affari complessivo da 11,884 miliardi a 14,016 miliardi (+18%).
Quello che deve interessare di questa comparazione non è semplicemente il dato muscolare che, forse, è il più appariscente, ma di certo è il meno significativo. La domanda da farsi, mettendo a confronto le diverse comunità legali è: perché? Perché esiste un’avvocatura a due velocità in Italia? E qui la questione si fa parecchio interessante.
Al di là delle apparenze, l’avvocatura d’affari negli ultimi trent’anni ha dovuto affrontare molti cambiamenti e, in particolare, nell’ultimo decennio ha dovuto rispondere efficacemente a un totale stravolgimento del paradigma competitivo. Nonostante questa sostanziale condizione di crisi, la categoria ha continuato a crescere: trasformandosi.
In primis, ha mutato il suo approccio al mercato. L’errore più grande dell’avvocatura tradizionale è quello di voler imporre i suoi servizi e il suo modello di servizio ai clienti. Mentre, l’avvocatura d’affari, stimolata dalle best practice internazionali, ha ribaltato gli schemi, cominciando a strutturare l’offerta di servizi legali sulla base delle esigenze degli assistiti.
Secondo elemento fondamentale è stato l’organizzazione del servizio. La previsione di processi, il lavoro sull’efficientamento dell’attività, l’attenzione ai risultati ovvero il ragionamento in termini di “prodotto” hanno consentito l’affermazione di un nuovo modello operativo che è diventato uno standard imprescindibile per la clientela che nel frattempo ha riconosciuto sempre più valore a fattori come tempo, efficacia e valore aggiunto.
Infine, l’avvocatura d’affari è stata, in questi anni di rivolgimento culturale, l’avvocatura del “sì”. Di fronte al cambiamento non ha pensato di fare le barricate, ma si è domandata (obtorto collo, non per virtù innata, questo lo capiamo bene) in che modo affrontare le sfide dell’istituzionalizzazione, della internazionalizzazione e adesso dell’innovazione rendendole un fattore di competitività e non considerandole un male contro cui portare avanti una crociata destinata al fallimento.
Ecco, questi tre fattori hanno permesso a una porzione dell’avvocatura nazionale di venir fuori dalle crisi dell’ultimo decennio più forte e più preparata a gestire il futuro. Oggi che la categoria tutta ha (finalmente) deciso di occuparsi del suo domani, forse farebbe bene a riconsiderare questa storia e a prendere qualche spunto per diventare, tutta, un’avvocatura del cambiamento. Un’avvocatura del “sì”.
QUESTO ARTICOLO APRE IL NUOVO NUMERO DI MAG. CLICCA QUI E SCARICA LA TUA COPIA