Tassazione proventi confiscati, Gianni & Origoni nell’innovativa pronuncia della Cassazione
Lo studio legale Gianni & Origoni, con il partner responsabile del contenzioso tributario Luciano Bonito Oliva (nella foto), il partner Luciano Acciari e la senior associate Luisa Marrazzo, ha ottenuto un’importante vittoria in Corte di Cassazione, la quale ha affermato un importante principio di diritto relativo ad una fattispecie mai esaminata in precedenza in materia di tassazione dei proventi illeciti oggetto di confisca.
La fattispecie riguardava, in particolare, il caso di un contribuente il quale nel contesto di un procedimento penale aveva riconosciuto di aver percepito proventi illeciti che, all’esito della definizione del giudizio per “patteggiamento”, avevano formato oggetto di confisca integrale nel corso dell’anno 2014. L’Agenzia delle Entrate, sulla base delle risultanze fattuali del procedimento penale medesimo aveva notificato – nell’anno 2017 – un accertamento Irpef per l’anno 2013 per le somme illecite percepite nello stesso anno di imposta, pur a fronte del definitivo provvedimento di confisca che, come detto, – già nell’anno 2014 (e cioè prima dell’emissione dell’avviso di accertamento) – aveva spossessato il contribuente dei proventi medesimi.
La pronuncia
La Suprema Corte, con la sentenza n. 33967 del 23 dicembre 2024, ha integralmente annullato l’avviso di accertamento Irpef, sulla base dell’art. 14 della legge n.537/1997, che dispone espressamente l’imponibilità dei proventi illeciti percepiti “se non già sottoposti a sequestro o confisca penale”, affermando preliminarmente che la ratio della norma medesima non è quella di “sostituire” alle misure ablative di natura penale la tassazione dei proventi illeciti, bensì quella di evitare che si creino delle “indebite aree di immunità dal prelievo tributario”, ove sequestro e confisca non possano operare per qualsivoglia ragione. I giudici di legittimità, pertanto, hanno chiarito che, laddove l’atto ablatorio della confisca preceda cronologicamente e temporalmente l’attività di accertamento fiscale, “l’imposta non è dovuta perché all’atto della sua richiesta da parte dell’Ufficio è venuto meno il presupposto del reddito sul quale tale imposta viene determinata, consistente nel possesso della novella ricchezza che nella fattispecie è entrata certamente nel patrimonio del contribuente, ma non vi è rimasta perché sottrattagli dall’ablazione confiscatoria”. Dunque, se il contribuente è stato spossessato del provento illecito per effetto di un provvedimento ablatorio disposto dal giudice penale (cui abbia fatto seguito la materiale restituzione dei proventi di fonte illecita), l’Agenzia delle Entrate non può esercitare il potere impositivo e pretendere la tassazione “personale in capo al contribuente, nei confronti del quale difetta la relazione diretta con la novella ricchezza che legittima il prelievo tributario”.
L’accoglimento di tale principio ha consentito a Gianni & Origoni di ottenere l’integrale e definitivo annullamento dell’avviso di accertamento.