SUTTI, LAVVOCATO (SENZA TESSERA) DEL PD
Non ha la tessera del partito. Il suo studio non si è mai schierato politicamente. E nel suo track record ha persino la stesura dello statuto dell’Anfi. Eppure, Federico Sutti (nella foto), managing director Europa e Africa di Dla Piper, da oltre un anno è l’avvocato del Pd. Il primo incarico svolto, è stata la due diligence sul rendiconto al 31 ottobre 2013, da cui era emerso un rosso da 10,8 milioni nei conti del partito.
Spese eccessive su vari fronti, come la manutenzione del sito internet (373mila euro) o le spese per consulenze varie (1,149 milioni). In questi giorni, invece, Dla Piper è al lavoro sulla questione della vendita de l’Unità. Il quotidiano, in liquidazione nell’ambito di una procedura di concordato, aspetta un cavaliere bianco. E Sutti affianca la dirigenza del Pd, azionista allo 0,1% della Nie Spa, negli sforzi per individuare uno o più azionisti disposti ad investire sulla storica testata.
La ristrutturazione de l’Unità, che viaggiava con un bilancio in perdita di 7-8 milioni di euro l’anno, è una delle iniziative che si sono rese necessarie in parallelo a quelle per raddrizzare i conti del partito che, per il 2014, si è posto come obiettivo il pareggio di bilancio (si veda il n.19 di Mag by legalcommunity.it del 23 giugno 2014). ?Ma come è successo che il Partito Democratico arrivasse a bussare alla porta della law firm anglo-americana e decidesse di affidarle la gestione delle proprie questioni legali? Sutti lo racconta, per la prima volta, in quest’intervista esclusiva.
Avvocato Sutti, come è scattato il contatto tra Dla Piper e il Pd?
Con una telefonata. Circa un anno fa sono stato contattato dal tesoriere del partito, avvocato Francesco Bonifazi, che mi faceva sapere che il Pd stava valutando alcuni studi legali a cui affidare la due diligence sui conti.
E come sono arrivati a Dla Piper?
Da quanto ho capito in seguito, non volevano affidare un incarico così delicato a nessun professionista che fosse in qualche modo “vicino” al mondo politico in generale. Cercavano uno studio strutturato. E tra i diversi candidati, alla fine, hanno scelto noi.
Non conosceva Bonifazi?
No. Avevo incontrato suo zio in un’operazione di ristrutturazione in cui era advisor della società. Ma non ho mai avuto altri contatti con lui e non avevo mai incontrato o sentito suo figlio prima.
Lei non aveva la tessera del partito?
No. Non l’avevo allora e a dirla tutta non ce l’ho neanche ora. Se per questo non votavo da 15 anni.
Caspita! E questo non è stato un problema?
No, anche perché, il Presidente Renzi (all'epoca "solo" Segretario del PD), il tesoriere Bonifazi e il direttore amministrativo del partito, Antonella Trivisonno, avevano bisogno di avvocati che facessero gli avvocati. E così è stato.
In che senso?
Fare una due diligence, come sa, significa scattare una fotografia di quella che è stata la gestione di una realtà in un dato momento e verificare in quali condizioni si trova. La dirigenza del partito ha rispettato il nostro lavoro di tecnici. E, per dire la verità, non ci ha chiesto di “usare Photoshop” prima di consegnare questa fotografia.
Era la prima volta che lavorava per un partito?
No, mi era già capitato in passato. Nel 1992 ho scritto lo statuto dell’Anfi. Cos’è? Anfi sta per: Associazione nazionale Forza Italia.
E adesso segue la vendita de L'Unità. A proposito: a che punto siete?
PER CONTINUARE A LEGGERE L'INTERVISTA, CLICCA QUI E SCARICA MAG by LEGALCOMMUNITY