Sutti e la terza via di Dentons
Esiste una “terza via” all’approccio del mercato italiano per le law firm internazionali? Federico Sutti (nella foto), 51 anni, managing partner e fondatore di Dentons nella Penisola è convinto di sì.? MAG lo ha incontrato in un assolato pomeriggio di fine gennaio a Milano, negli uffici di via Sant’Orsola, nel cuore intricato del centro storico della città. Nelle stanze al terzo piano c’è odore di nuovo. I lavori di ristrutturazione del palazzo sono appena terminati. Qui, fino a qualche anno fa, c’era un altro studio legale. Poi c’è stata la crisi. E questi spazi sono rimasti sfitti fino a questo momento. Sutti entra in sala riunioni con un grande sorriso stampato sulla faccia.
Come vanno le cose? «Vanno bene». Lo aspetta un week end di colloqui. «Vedrò sette candidati per il nostro banking». ?L’avvocato sta costruendo, un “mattone” per volta, l’architettura che lo studio avrà in Italia. Ha da poco ufficializzato l’arrivo di Stefano Speroni, ex Grimaldi, a capo del corporate m&a. Mentre a febbraio arriveranno Andrea Fiorelli e Sara Biglieri che hanno lasciato rispettivamente Norton Rose Fulbright e Rucellai Raffaelli per guidare i dipartimenti di tax e litigation di Dentons, raggiungendo il gruppo che ha partecipato alla fondazione dello studio seguendo Sutti al momento del suo addio a Dla Piper.
La road map del progetto Dentons in Italia è disegnata nella targa che accoglie gli ospiti all’ingresso dell’edificio. Qui, piano dopo piano, sono indicate tutte le practice in cui si organizzerà lo studio. Quelle che già sono attive. E quelle che lo saranno prossimamente. Dodici aree di attività in tutto. Il banking sarà la prossima a essere coperta con l’arrivo di un «professionista di alto profilo». Questo studio, dice Sutti, «si fonda sulla centralità dei bravi avvocati italiani, capaci di fare operazioni con clienti internazionali e con clienti domestici all’interno di un modello nuovo di business». Un modello in cui la cooperazione tra uffici è strategica e, a quanto pare, nelle prime settimane di questo 2016, ha già procurato occasioni per circa due miliardi di euro.
Qual è l’opportunità che Dentons ha visto in Italia?
Si è considerato fondamentalmente che il mercato ha bisogno di studi internazionali. In Francia e in Germania, che per certi versi sono mercati con caratteristiche molto simili a quello italiano, gli studi internazionali si posizionano ai vertici.
Mentre in Italia…
In Italia così non è. Primo perché quello italiano, pur essendo un mercato molto competitivo è anche un mercato dove i professionisti lavorano mediamente di più di quanto non facciano i loro colleghi nella maggior parte degli altri Paesi europei e non solo.
Secondo?
Secondo, gli studi italiani hanno, generalmente, una struttura di costi molto contenuta e quindi una profitability alta e sono in grado di competere ai massimi livelli e di essere più attrattivi verso i professionisti migliori che negli studi legali italiani vedono la prospettiva di avere benefici maggiori di quelli che possono offrire loro certi studi internazionali che hanno una struttura di costi molto pesante.
Ma gli studi internazionali offrono anche numerosi benefici: penso ai referrals…
È vero. Ma non più così vero come lo era in passato. La crescita dell’offerta sul mercato italiano ha fatto sì che i referrals si siano distribuiti di più, si siano diluiti in certo qual modo.
Dal quadro che tratteggia sembrerebbe che l’Italia sia off limits. Quindi, una volta di più, viene da chiedere: perché Dentons ha scelto d’essere presente anche in Italia?
In realtà, proprio in considerazione di quanto appena detto, abbiamo individuato la possibilità di occupare uno spazio proprio nel mercato degli studi internazionali presenti nel Paese. Per quella che è la mia visione, al momento non c’è un competitor che abbia una chiara strategia di crescita sul mercato italiano. Molti stanno consolidando il loro posizionamento. Tanti stanno ridimensionando la loro presenza.
Quindi?
Quindi, per prima cosa, c’è un importante spazio da riempire.
E poi?
?Poi è evidente che nel momento in cui si riesce a mettere insieme una squadra di professionisti che sarebbe tipica di uno studio italiano strutturato, questo consente di competere anche sul mercato domestico dove, finora, gli studi italiani tradizionali l’hanno fatta da padroni.
Finora?
Beh, anche per loro c’è da verificare cosa succederà nei prossimi anni. È difficile pensare che possano crescere ancora dimensionalmente. Non c’è un numero sufficiente di grandi clienti in Italia che giustifichi un’ulteriore crescita da parte dei principali studi italiani. La competizione, poi, mette sotto pressione i margini anche in queste grandi realtà. E prima o poi ci sarà un cambio generazionale che potrà avere effetti imprevedibili.
E in questo scenario, come s’inserisce Dentons?
…..
PER CONTINUARE A LEGGERE L’INTERVISTA CLICCA QUI E SCARICA GRATIS LA TUA COPIA DI MAG