Studio Inzaghi, un full service per il real estate

di giuseppe salemme

Nel 2017 Guido Alberto Inzaghi lascia la guida della practice real estate di Dla Piper e unisce le forze con Antonio Belvedere (che intervistiamo nell’articolo precedente) nel progetto Bip. La scommessa dei due avvocati era sull’esistenza di uno spazio, nel mercato immobiliare, per una struttura indipendente in grado di tenere testa ai dipartimenti real estate delle grandi firm, mutuandone le pratiche migliori e offrendo l’assistenza più completa possibile agli operatori immobiliari. Passano sei anni: a gennaio 2024 quella scommessa è ampiamente vinta, ma i due fondatori annunciano lo scioglimento di Bip. «Esigenze diverse rispetto alle strategie dello studio», spiegano.

Ma Inzaghi non ha cambiato idea sul tipo di assistenza richiesta dai clienti istituzionali attivi nel settore immobiliare; così, in un certo senso, il nuovo studio Inzaghi non è altro che un raddoppio sulla scommessa di sei anni fa. Lo studio parte con 25 professionisti, ma il target è già fissato: 40. Sufficienti per riempire (o quasi) i nuovi uffici, al dodicesimo piano della Torre Velasca. E infatti il recruiting è già iniziato, con l’ingresso di Paolo Marensi, litigator real estate il cui team ha unito le forze con lo studio Inzaghi dal day-one, e quelli di Angela Ruotolo dallo studio Cerami e Margherita Gattulli da Linklaters; un’espansione che continuerà nei prossimi mesi.

MAG ha intervistato l’avvocato Inzaghi e le altre due socie equity dello studio Silvia Gnocco (diritto amministrativo, edilizia e urbanistica), e Ivana Magistrelli (investment & transactions), che l’hanno seguito nella nuova avventura, per capire le prospettive di sviluppo del nuovo progetto, e del mercato immobiliare in generale.

Sei anni fa, proprio su queste pagine, raccontavamo del progetto Bip e delle idee dietro la sua nascita. Ora invece da dove è nata la scelta di chiudere quel capitolo?
Guido Alberto Inzaghi (GAI): Non da un cambiamento di visione. La visione che avevo nel 2017 è ancora quella condivido oggi con Silvia e Ivana: fare uno studio che si occupi solo di diritto immobiliare e che riesca a competere con i dipartimenti real estate degli studi internazionali, anche mettendo a frutto l’esperienza da noi stessi maturata nelle grandi strutture, da cui mutuiamo organizzazione, pratiche gestionali, budgeting e tipologia di offerta.

Cosa è cambiato allora?
GAI: Abbiamo realizzato che il nostro tipo di attività non era completamente allineata con quella di Antonio (Belvedere, ndr), con cui continua in ogni caso l’amicizia. Il demerger nasce proprio dalla presa di coscienza che le strade di ciascuno si sarebbero perseguite meglio in maniera separata.

In concreto cosa vuol dire?
GAI: Che le nostre selling proposition sono diverse; ma anche le nostre organizzazioni. Ad esempio, noi abbiamo scelto di dotarci da subito di un cfo e di un coo, funzioni che ci assicureranno la struttura amministrativa e gestionale indispensabile per offrire il tipo di servizi a cui la nostra clientela è abituata.

Mentre qual è la vostra offerta di servizi?
GAI: La nostra è un’offerta integrata, che unisce l’urbanistica e la contrattualistica real estate internazionale, negoziata e scritta in inglese, nonché il contenzioso civile immobiliare, giudiziale e stragiudiziale. Sono le nostre caratteristiche distintive.

Silvia Gnocco (SG): Coniughiamo l’anima pubblicistica e privatistica del diritto immobiliare, ma anche l’approach della law firm e l’attenzione della boutique. E questa dicotomia la viviamo ogni giorno nel dialogo che c’è tra noi professionisti.

Ivana Magistrelli (IM): Ad esempio, ogni giorno io e Silvia, assieme ai nostri team, lavoriamo a quattro mani con l’obiettivo di trasporre le esigenze urbanistiche ed edilizie di un’operazione in un contratto che possa garantire al cliente le necessarie tutele. Il risultato è che ogni operazione che nasce da noi è “cullata” dal giorno zero; e per noi il lavoro diventa un divertimento.

Sembra che il mercato legale stia andando verso un’aggregazione sempre maggiore, e nelle vostre parole degli scorsi anni c’era la volontà di raggiungere una massa critica tale da poter gestire in indipendenza mandati anche complessi. La pensate ancora così?
GAI: Certamente sì. Rispetto alla voglia di aggregazione siamo assolutamente in tendenza: ci siamo separati da un gruppo che aveva come focus il diritto urbanistico, ma continuiamo a occuparci anche di quello; e in più abbiamo già aggregato il team dell’avvocato Marensi, che fa esclusivamente contenzioso civile immobiliare. Si tratta quindi di un’operazione che procede per addizione e non per sottrazione.

Di quali competenze siete alla ricerca?
GAI: Oltre a urbanistica, contrattualistica e contenzioso ci occupiamo di banking&finance e tax, attraverso collaborazioni consolidate con professionisti esterni. Ma ora siamo alla ricerca di partner di standing in questi due settori, professionisti che condividano il nostro progetto e che sposino la nostra verticalità sull’immobiliare. Mi rendo conto che quest’ultimo per molti potrebbe essere un freno, perché significa rinunciare a fare operazioni in altri settori. Ma il nostro focus resta esclusivamente l’immobiliare: diversamente, competeremmo con i grandi studi, e saremmo destinati a soccombere. L’obiettivo quindi è trovare due partner che ambiscano a questo tipo di lavoro, fatto di belle operazioni immobiliari, con i clienti più riconosciuti del settore. E i colloqui sono già in corso.

Avete un target quantitativo già fissato?
GAI: Il nostro modello è quello del dipartimento real estate del grande studio, che di solito riunisce dai 20 ai 30 professionisti dedicati. Il nostro obiettivo è arrivare a 40. In questo senso la nuova sede nella Torre Velasca, oltre a essere rappresentativa del nostro lavoro, è adatta, dato che potrà ospitare fino a 45 postazioni di lavoro.

Vi paragonate ai dipartimenti real estate degli studi internazionali… ma valutereste mai eventuali offerte per entrare effettivamente a far parte di un’altra struttura?
GAI: Qualche contatto negli anni c’è già stato. Ma quell’avventura noi l’abbiamo già vissuta: io sono stato in Dla Piper per quasi dieci anni, ad esempio. Un periodo bellissimo, in cui mi sono divertito, ma la stagione adesso è diversa. E le soddisfazioni professionali ed economiche, l’indipendenza e la libertà di decidere la nostra politica, con chi lavorare e per chi, è qualcosa di impagabile.

IM: Non essere in uno studio internazionale per noi è anche una dimostrazione del nostro valore: i clienti vengono da noi se siamo bravi, non per il nome che abbiamo alle spalle. Io stessa ho un lungo trascorso in studi internazionali, ma solo quando ne sono uscita ho capito quanto valevo professionalmente.

Dove è localizzato oggi il vostro business? In termini geografici, ma anche di tipologia di clienti?
GAI: Assistiamo per lo più clienti istituzionali, soprattutto sgr, grandi investitori immobiliari e società attive in quest’ambito; tutte hanno sede o a Milano o a Roma. Poi c’è una componente internazionale, che deriva da chi finanzia questi investimenti, che spesso è straniero. Lavoriamo anche con società governative come Cdp e Invimit, ma anche lì si tratta quasi sempre di operazioni di taglio internazionale, perché l’obiettivo di vendita spesso è intercettare capitali esteri.

SG: Recentemente a Milano, ad esempio, abbiamo seguito i progetti degli scali ferroviari (Farini Valtellina e Porta Romana) e di altri rilevanti sviluppi urbanistici in corso (Porta Nuova, Santa Giulia, area Falck di Sesto Sangiovanni) oltre a operazioni di ogni tipo relative alla nostra tipologia di clientela: asset deal, share deal, sale and lease back. Poi ci occupiamo di asset class particolari in tutta Italia: logistica e hospitality, ma anche di data center e residenziale, nelle sue varie accezioni.

Che prospettive vedete per il mercato immobiliare? Gli ultimi anni non sono stati facili…

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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