Studi legali: l’incognita 2023 e l’eco dei tagli che arriva dall’estero

di nicola di molfetta

Dovevamo venirne fuori tutti migliori. Ma certe cose faticano a cambiare. Così, se durante la crisi pandemica le law firm di tutto il mondo hanno deciso di fare quadrato attorno ai loro avvocati ed evitare di rispondere al possibile rallentamento del business sacrificando posti di lavoro, adesso con lo spettro della recessione alle porte, molte organizzazioni internazionali stanno mettendo mano alle forbici e, pur cercando di fare meno rumore possibile, stanno cominciando a ridurre gli organici.
Il 2023 fa paura a tanti. Anche se per il momento non ci sono elementi che giustifichino il ricorso a misure drastiche. Per intenderci: la grande recessione seguita al crollo dei mercati del 2008 è decisamente lontana.

Eppure, sembra che non ci sia da stare troppo tranquilli. Gli studi legali stanno rispondendo come possono alle incognite di mercato e alle pressioni che minacciano i loro conti e, soprattutto, la loro redditività.

Una recente indagine condotta dalla società di litigation funding, Harbour, ha messo in evidenza che c’è un 44% di avvocati inglesi che lamenta l’insistenza con cui i clienti chiedono un ribasso delle tariffe per venire incontro alle difficoltà economiche che stanno attraversando. La crisi energetica e l’aumento dei prezzi (che Oltremanica è aggravato anche da Brexit) sono due fattori che stanno mettendo in difficoltà molte aziende che, quindi, si aspettano un supporto dai loro consulenti.

Negli Usa, invece, la situazione sembrerebbe essere un’altra. Molti studi stanno sforbiciando gli organici cresciuti senza controllo per far fronte all’incremento spropositato della domanda di servizi durante il 2021. L’anno record dell’avvocatura d’affari globale ha scatenato una vera e propria “guerra” tra le organizzazioni legali che hanno fatto incetta di collaboratori riconoscendo loro privilegi e benefici come non s’era mai visto prima. Il problema è che la normalizzazione dell’attività (si badi bene, non la crisi) ha cominciato a far andare in esubero queste torme di neo-assunti, con l’effetto che alcuni studi hanno deciso di procedere ai tagli.

C’è un terzo fattore che sta alimentando questa tendenza. Qui parliamo di soci. Molte organizzazioni stanno lavorando sulla loro profitability. La volontà di attirare profili “ad alto rendimento” così come l’obiettivo di allineare gli economics dello studio a quelli delle law firm con i fondamentali migliori sta spingendo alcune organizzazioni a procedere con dismissioni controllate di soci. Non si tratta di professionisti impreparati o poco produttivi. In realtà, si tratta di avvocati che hanno l’unico problema di abbassare la profitability dello studio impedendogli di posizionarsi tra le insegne con le migliori performance. E in questo, giustamente, c’è chi vede (e denuncia) una distorsione di sistema.

Come al solito, fare attenzione a quello che sta succedendo all’estero è importante per prepararsi a quello che potrebbe verificarsi anche qui da noi. Le tendenze che abbiamo rapidamente evocato non hanno ancora prodotto effetti tangibili in Italia. Ma qualcosa comincia a bollire anche qui.
E qualcuno comincia già a pensare che ricorrere a qualche taglio sia la strada giusta per proteggere la redditività del business. Ma se l’idea è quella di proteggere la performance 2021, forse si farà meglio a ricordare che lo scorso anno è stato considerato da molti, unico e irripetibile. E che, giocare con la contabilità degli organici per conservare l’illusione che i record dell’anno scorso possano diventare una sorta di nuova normalità, potrebbe rivelarsi un boomerang sul piano reputazionale oltreché strategico.

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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