Studi legali: dalla leva sulle braccia a quella sul brand
di nicola di molfetta
Della opportunità di avviare nuove linee di business per rendere più competitivo lo studio legale ci è già capitato di parlare. Del resto si tratta di un trend attualissimo che in più, rispetto al passato, gode dell’abbrivio determinato dalla caduta di certi tabù come quello della fragilità della tenuta reputazionale di un’organizzazione.
Il rischio di “sporcare” il brand di uno studio blasonato piegandolo a sostenere attività collaterali rispetto alla nobile arte dell’avvocatura ha rappresentato uno degli spauracchi che più hanno castrato la capacità di innovare nella professione da parte dei legali italiani.
Ma l’accelerazione degli ultimi tempi verso la concezione imprenditoriale dell’attività forense ha progressivamente rotto le catene che legavano gli operatori del settore a un mondo di cliché ormai superati dalla storia e dal mercato.
Nei giorni scorsi, su Legalcommunity.it, abbiamo riportato la notizia della fusione tra Baseline (società di consulenza manageriale e organizzativa di Bird & Bird) con Valeocon management consulting da cui nasce Oxygy management consulting, una realtà capace di un generare business per circa 6 milioni di sterline. L’operazione va esattamente nella direzione che abbiamo delineato. Una grande law firm internazionale decide di accelerare sul fronte della consulenza.
Perché? Per il business il deal sarà in grado di generare, verrebbe da dire.
Certo. Ma non solo.
Per come leggiamo la cosa, Bird & Bird ha scelto di investire strategicamente in una business unit laterale rispetto all’attività tipica dello studio legale, ma che con essa ha numerosi punti di contatto e soprattutto che per essa può fungere da propulsore ed elemento differenziante.
Oxygy ha un marchio distinto da quello della law firm presieduta da Massimiliano Mostardini, ma ad essa è riconducibile e in questo legame trova buona parte della sua credibilità e affidabilità sul mercato. Lo studio investendo in questo progetto ha dimostrato di essere interessato a dare di più ai propri clienti. E a farlo in un modo inedito almeno nel club d’élite delle law firm.
La storia di copertina di questo numero di MAG racconta un progetto simile. La volontà di LabLaw di dare vita a un one stop shop del labour integrando nella propria offerta di servizi anche le attività amministrative e di organizzazione aziendale.
E non è tutto.
Nell’intervista a Carlo Gagliardi, sempre in questa edizione del nostro magazine, il managing partner di Deloitte Legal spiega la funzione che sta svolgendo la start up in2law nel progetto avviato un anno fa dalla big 4.
Mentre nel numero 120 di MAG vi abbiamo parlato dello spin off Solve nato da una costola di Nctm e dedicato alla gestione delle pratiche seriali.
Gli studi legali cominciano a usare il concetto di leverage in modo nuovo. Dalla leva sulle braccia (o nella migliore delle ipotesi sulle teste) si stanno cominciando a esercitare nella leva sul brand che, rispetto alla prima, consente di scatenare la capacità creativa e di visione strategica dei professionisti.
Il prossimo passo? È facile immaginare che alcune, se non molte, di queste iniziative faranno il salto nella dimensione aziendale. Quello dell’associazione è un modello destinato a rivelarsi “stretto” rispetto alle nuove esigenze di manovra degli avvocati e dei loro studi.
La cosa impressionante? È che siamo solo all’inizio.
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