Stop alla riforma delle banche popolari: gli avvocati in campo
Con l’ordinanza n. 5383/2016, depositata oggi, il Consiglio di Stato ha accolto in via cautelare i ricorsi in appello presentati dagli avvocati Carlo Comandé, di Comandé Di Nola Restuccia Avvocati (Cdra), Maurizio Allegro Pontani e il professore Mario Zanchetti, e degli avvocati Francesco Saverio Marini e Ulisse Corea dello studio Marini, insieme al professore Fausto Capelli.
Entrambi i pool hanno agito per conto di diversi soci e associazioni di azionisti di banche popolari (Banca Popolare di Milano, UBI Banca, Veneto Banca, Banco Popolare, Banca Popolare di Sondrio) per impugnare la legittimità della circolare della Banca d’Italia n. 285/2013, come modificata dalla riforma delle banche popolari (decreto legge n. 3/2015).
Cdra, Pontani e Zanchetti avevano impugnato il 9° aggiornamento alla circolare n. 285/2013 della Banca d’Italia, ove l’Autorità di vigilanza del settore con riferimento alle operazioni societarie di scissione e cessione di rapporti giuridici susseguenti all’applicazione della disciplina primaria in parola, aveva stabilito che “non saranno ritenute in linea con la riforma operazioni da cui risulti la detenzione, da parte della società holding riveniente dalla ex “popolare”, di una partecipazione totalitaria o maggioritaria nella spa bancaria o, comunque, tale da rendere possibile l’esercizio del controllo nella forma dell’influenza dominante.
I giudici hanno accolto l’eccezione, insieme ad altre, e hanno sospeso l’efficacia della circolare della Banca d’Italia in più parti.
Inoltre grazie alla censura sollevata dagli avvocati Marini, Corea e Capelli, il Consiglio di Stato ha sollevato la questione di legittimità costituzionale del decreto legge n. 3 del 2015, nella parte in cui impone (al di sopra della soglia di 8 miliardi di euro di attivo) la trasformazione della banca popolare in società per azioni e quella in cui prevede la limitazione del diritto al rimborso del valore della partecipazione al socio che voglia recedere.
La riforma è così bloccata fino alla pronuncia della Corte Costituzionale.