Squire Patton Boggs: potenziale internazionale
Essere un’organizzazione dalle spalle larghe significa riuscire a condurre il gioco nel confronto con il mercato. Specie quando, nella partita, si inseriscono fattori esterni rispetto alle normali dinamiche congiunturali, di accelerazione e rallentamento delle attività.
Quando a gennaio 2020 Squire Patton Boggs annunciava l’apertura della sua prima sede italiana, l’allarme Covid suonava ancora lontano. E nessuno immaginava che questa pandemia avrebbe avuto gli effetti che ben conosciamo, sulle nostre vite.
Sono passati due anni e mezzo. E Squire Patton Boggs non solo ha “tenuto botta”. Ma ha cominciato a mandare segnali molto chiari su quello che sarà l’approccio strategico della sua presenza italiana e soprattutto sulla importanza di un’attività integrata a livello globale.
Per capire meglio ciò di cui stiamo parlando, sarà utile ricordare cosa è Squire Patton Boggs.
Lo studio, come lo vediamo oggi, è la risultante di un processo di integrazione che tra il 2011 e il 2014 ha visto prima l’integrazione di Hammonds in Squire Senders e poi la fusione tra quest’ultimo e Patton Boggs. Se da un lato è vero che questa organizzazione professionale è relativamente giovane, con i suoi otto anni di attività, dall’altro è vero anche che le sue origini risalgono a più di un secolo e mezzo fa. Era il 1886, quando Albert Victor Hammond, fondò il suo studio a Bradford, nello Yorkshire. Pochi anni dopo, nel 1890, a Cleveland apriva Squire Sanders & Dempsey. Mentre correva il 1962 quando a Washington D.C. è nato Patton Boggs.
La law firm, oggi, si presenta come un operatore di mercato globale che conta più di 1.500 avvocati (tra cui oltre 500 partner) e più di 40 uffici in quattro continenti, per un giro d’affari che si aggira attorno a 1,137 miliardi di dollari.
Squire Patton Boggs (Spb) è stata, in ordine di tempo, l’ultima grande istituzione legale internazionale ad approdare in Italia. E allo stesso tempo, possiamo dire che l’apertura della sede di Milano dello studio è stata l’ultima importante iniziativa realizzata dall’organizzazione in Europa.
Due anni fa, questo capitolo della storia di Spb è cominciato con 4 partner e 7 professionisti. Il nucleo fondativo è costituito da Galileo Pozzoli (nella foto, a sinistra), che è anche il managing partner della sede italiana, Ian Tully, Fabrizio Vismara e Daniela Sabelli. Tutti ex Curtis Mallet-Prevost Colt & Mosle.
Oggi la squadra è composta da 6 partner e 25 professionisti. Al gruppo originario di soci si sono aggiunti, proprio nelle ultime settimane, Sara Belotti (ex Baker McKenzie) per il private equity e Marco Crusafio (ex Hfw) per lo shipping. Questi ingressi spiegano bene quella che è la filosofia della law firm dove i professionisti attivi nelle diverse aree di pratica collaborano tra loro anche a livello transnazionale e si inseriscono in una gestione globale delle attività.
«Il nostro obiettivo – dice a MAG, il managing partner italiano, Galileo Pozzoli – è quello di avere una practice forte, ma non sovradimensionata, che copra le principali aree di attività dello studio globale». Tra queste figurano il corporate (incluso il private equity), i financial services, la dispute resolution, il labour, commodities & shipping, public policy, tax e Ipt/It. «I nostri prossimi passi – prosegue Pozzoli – saranno quelli di individuare risorse adeguate per contribuire alla crescita della nostra offerta nei servizi finanziari e nel lavoro, seguite, eventualmente, dalla public policy, che rappresenta un vero e proprio punto di forza per Spb a livello globale». Effettivamente lo studio fa parte di quel ristretto club di insegne legali (come Brownstein Hyatt, Akin Gump o Holland Knight) che negli Usa si occupa di public policy e che, ovviamente, ha a Washington il suo centro operativo più strategico. «Disponiamo di un solido gruppo di consulenti in materia di politiche pubbliche, tra cui alcuni ex senatori e membri della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, sia repubblicani che democratici – racconta il managing partner europeo, Jonathan Jones (nella foto, a destra) –. Ad esempio, l’ex presidente della Camera dei Rappresentanti durante il mandato di Obama, John Boehner, è un componente del nostro team di Washington». Ma lo studio ha cominciato anche a “esportare” questa sua area di competenza. «Alcuni anni fa – prosegue Jones – abbiamo istituito un’unità di public policy a Bruxelles, che si occupa di fornire consulenza alle imprese e alle associazioni di categoria sulle normative, le tendenze e le questioni dell’UE che possono influire su determinati settori». Con l’aumentare delle attività regolamentate, questa sta diventando una preoccupazione crescente per molte aziende. Esse hanno bisogno di sapere dove sta andando il mercato, in termini di normative. «Il nostro team di Bruxelles è molto impegnato – aggiunge il managing partner europeo di Spb – e ora abbiamo consulenti di politica pubblica (quindi non avvocati) anche a Londra. Abbiamo in programma di…
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