SERRA: «GLI AVVOCATI SONO COME UN CANCRO»

Gli avvocati italiani tornano sul banco degli imputati. Il paese non cresce? Resta l'ultima ruota del carro in fatto di competitività a livello europeo, per non dire mondiale? La colpa è delle toghe italiche. L'arringa l'ha pronunciata, dinanzi alla Italian Society della London School of Economics, Davide Serra (nella foto). Il fondatore e presidente della Algebris Investment, il finanziere che sussurra a Matteo Renzi, nel suo intervento ha sostenuto che «il problema dell’Italia non è il mercato del lavoro, è la competitività, non cresciamo da 20 anni, nessuno vuole investire da noi». Le leggi sul lavoro? «Troppo complesse, nessuno ci capisce niente, tranne gli avvocati». Ecco appunto. E a proposito di avvocati, ha chiosato: «Ce ne sono troppi – si legge nel resoconto pubblicato da La Repubblica il 5 febbraio –  sono come un cancro, in Italia il 25% degli studenti si iscrivono a legge, in Germania sono il 4%, ci sono più avvocati a Milano che in tutta la Francia».
Il suo punto di vista, Serra, l'ha espresso chiaramente. Anche esagerando su qualche dato. Milano, per esempio, non ha più avvocati della Francia. Era vero per Roma, fino a qualche tempo fa, ma non più oggi. Inoltre, la tanto invocata Francia comincia essa stessa ad avere un problema di affollamento degli albi. Come si legge sul numero 10 di Mag by Legalcommunity, infatti, l'80% dei 200mila studenti in giurisprudenza del Paese, dichiara di voler diventare avvocato.
Il consiglio nazionale forense, per bocca del suo presidente, Guido Alpa, ha recentemente stigmatizzato le 17 modifiche del codice di procedura civile intervenute negli ultimi 7 anni. Uno «tsunami» di norme che si è abbattuto sul sistema giudiziario, senza precedenti e senza benefici. «Tra il 2005 e il 2011», ha detto Alpa, «la durata media dei procedimenti di cognizione ordinaria in primo e secondo anno è aumentata di 2 anni» passando da 5,7 a 7,4 anni. E come se non bastasse, i costi di accesso alla giustizia (contributo unificato) sono aumentati del 55,6% in primo grado, del 119,15% in appello e del 182,67% in Cassazione.
Le istituzioni forensi stanno, finalmemte, cercando di incentivare l'impegno della categoria per riuscire ad accelerare i tempi della Giustizia (leggi l'articolo). E anche il nuovo codice deontologico sembra, finalmente, mostrare una qualche apertura al mercato (leggi l'articolo).
Detto questo, è indubbio che ci sia ancora molto da fare. Soprattutto sul versante dell'ammodernamento dell'esercizio della professione che non può più essere uguale a 50 anni fa. Partendo da qui, l'avvocatura potrà, forse, riuscire a liberarsi degli stereotipi che ne fanno uno dei bersagli preferiti di chi vuole denunciare i mali del Paese.

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