Secondary ticketing e responsabilità provider, Hogan Lovells vince per Stubhub al CdS
Hogan Lovells, con un team composto da Gaia Gelera, Marco Berliri (nella foto), Francesca Angeloni, Stefano Maccauro Valerio Natale ed Elisabetta Nunziante ha ottenuto dal Consiglio di Stato l’annullamento della sanzione da 1,75 milioni di euro inflitta dall’Agcom per la presenza sulla piattaforma di ticketing online Stubhub di biglietti ad un prezzo maggiore rispetto a quello nominale, in asserita violazione della legge 232/2016 sulla rivendita nel mercato secondario.
La pronuncia
In una sentenza molto dettagliata ed articolata, il Consiglio di Stato ha ribadito che agli internet service provider non può “essere imposto un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmettono o memorizzano né un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite” e che “per essere escluso, in forza di tale disposizione, dal beneficio dell’esonero dalla responsabilità il gestore della piattaforma deve essere al corrente degli atti illeciti concreti dei suoi utenti relativi a contenuti protetti che sono stati caricati sulla sua piattaforma“.
In merito alla differenza tra hosting “attivo” (non esonerato dalla responsabilità per i contenuti memorizzati) e “passivo”, la Corte sottolinea come l’elemento dirimente sia l’intervento del provider sul contenuto: “secondo la prospettazione accolta anche dalla giurisprudenza civile (cfr., tra le molte, Cass. civ., Sez. I, 19 marzo 2019 n. 7708 e 7709)…, va esclusa la responsabilità in caso di mancata manipolazione dei dati memorizzati…”.
In base a tali principi, i giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che la piattaforma Stubhub non dovesse essere ritenuta responsabile per l’eventuale vendita dei biglietti ad un prezzo superiore a quello nominale da parte dei suoi utenti, non potendosi configurare “un ruolo attivo nella transazione commerciale ma, semmai agevolativo con servizi “di contorno” (o ancillari), sicuramente utili ma non decisivi nella realizzazione della singola transazione commerciale. Quel che qui maggiormente rileva è la circostanza che non è affatto dimostrato che il gestore della piattaforma, nella specie, fosse a conoscenza del comportamento illecito dell’utente venditore, né che da tale comportamento detto gestore abbia consapevolmente voluto trarre vantaggio, elementi entrambi indispensabili per poter configurare la fattispecie di punibilità”.