Scozia, un terreno fertile per gli avvocati

Il 18 settembre l'intera Scozia è chiamata alle urne per decidere se uscire o no dal Regno Unito ma nel clima di incertezza generale (i termini di quest'autonomia restano ancora da chiarire) il settore legale della regione resta saldo e ricco di opportunità.

Proprio per discutere delle possibilità che la Scozia può offrire, la British Chamber of Commerce for Italy ha organizzato a Edimburgo, dal 6 all'8 novembre, il British & Italian Legal Networking Event 2014, al quale parteciperà una delegazione italiana di avvocati di diversi studi. Scopo dell'evento è quello di far conoscere i professionisti nel settore legale italiani e scozzesi, al fine di comprendere i rispettivi sistemi giuridici e i problemi che devono affrontare i clienti transfrontalieri.

Per aveve un'idea dello stato di salute del mercato legale scozzese si può guardare l'andamento, nell'ultimo anno, delle principali insegne locali.

In Scozia, la stragrande maggioranza degli studi ha visto un ritorno alla crescita dei ricavi dopo diversi anni difficili. Secondo quanto riporta The Lawyer, i migliori studi legali scozzesi sono usciti seriamente dalla crisi all'inizio del 2014 e le prime 20 law firm hanno registrato nel 2013 un aumento dell'8% rispetto all'anno precedente del fatturato totale, circa di 438,2 milioni di sterline (oltre 500 milioni di euro).

I due studi leader nel settore sono Brodies e Burness Paull. Entrambi stanno registrando una crescita di tre volte superiore i livelli pre-recessione. In particolare, BurnessPaull ha incrementato il proprio fatturato del 20% tra il 2012 e il 2014, passando da 48 milioni di euro a 58 milioni, mentre Brodies è cresciuto del 13%: da 57 milioni di euro dell'anno 2012/13 a 65 milioni di euro nel 2013/14. La coppia ha anche fatto un balzo in avanti in termini di redditività. Da Brodies, l'utile è cresciuto del 34%, (22 milioni di euro) mentre nello stesso anno Burness Paull si aggiudica il 21%, (23 milioni di euro). 

Nella lista dei virtuosi c'è anche lo studio di consulenza nei contenziosi assicurativi Digby Brown, che ha visto crescere il profitto del 35% tra il 2012/13 e 2013/14, ovvero da 7,2 milioni di euro a 9,7 milioni. Più 26% per Maclays, con un fatturato che è cresciuto di 3,7 milioni nello scorso anno.

Ovviamente c'è anche l'altro lato della medaglia, ma sono pochi gli studi hanno registrato il segno meno nel fatturato. Tra questi Anderson Strathern, Tods Murray, MacRoberts e McClure Naismith. La maglia nera va a Turcan Connell, il cui turnover è crollato del 19% (quasi 6 milioni di euro nel 2013 dai 7,3 mln di euro nell'anno 2012/13) per via della recessione, ma ora è in lieve risalita.

In generale, il mercato legale scozzese ha oggi un'immagine diversa rispetto a quella prima della crisi del 2008, quando dominavano la scena i cosiddetti 'big four' (Dundas & Wilson, Maclay Murray & Spens, McGrigors and Shepherd and Wedderburn). Molti studi scozzesi tradizionalmente incentrati sulla proprietà e sui servizi finanziari si sono aperti ad una serie di fusioni post-recessione. Nel 2012 McGrigors è stato inghiottito da Pinsent Masons e lo scorso anno CMS Cameron McKenna ha inglobato Dundas & Wilson. I due studi inglesi hanno affermato che i corrispettivi scozzesi restano  vivi e vegeti fino alla fine del biennio 2013/2014 e che il fatturato generato dai nuovi acquisti è stato di circa 60 milioni di sterline nel 2013/2014. L'acquisizione e la fusione dei grandi studi è una pratica che si è diffusa molto in Scozia e proprio ad essa è dovuta gran parte del successo di gruppi come Burness Paull e Brodies.

Ma i cambiamenti potrebbero non essere ancora finiti. L'incertezza politica sta colpendo il lavoro e l'economia e le attività legali sono un po' rallentate, ma la Scozia resta un terreno fertile e per gran parte inesplorato per i professionisti italiani, a prescindere dall'esito del referendum. 

 

 

 

 

 

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