Proprietà intellettuale, ChIPs sbarca in Italia
L’organizzazione non-profit che mira a connettere e far crescere insieme donne che operano nel settore della tecnologia e diritto arriva in Italia. A portarla nel nostro Paese sono Lydia Mendola, Carmen Castellano e Linda Brugioni.
Le tre professioniste – Mendola è socia e responsabile IP dello studio legale Portolano Cavallo; Castellano è managing partner dello studio legale Acuminis e Brugioni è senior ip counsel per la divisione Turbo Machinery Process Solution di Backer Hughes – costituiranno il comitato direttivo del capitolo italiano dell’assocazione.
MAG ha intervistato Lydia Mendola per farsi raccontare nello specifico i progetti dell’associazione.
Cos’è ChIPs?
Il nome ChIPs sta per Chiefs in Intellectual Property, posizione che storicamente poche donne ricoprivano in azienda. L’organizzazione nasce nel 2005 nella Silicon Valley e oggi, a 15 anni di distanza, è sempre più impegnata nella promozione di integrazione e crescita di donne che operano nei settori tech dell’industria legale. L’associazione da qualche anno è anche impegnata in progetti volti a fornire supporti e spazi di crescita alle nuove generazioni di legali.
Un’associazione tutta al femminile…che ruolo affida agli uomini?
ChIPs si rivolge in primis alle donne, ma al contempo accoglie con favore il supporto degli uomini. La sfida sta proprio in questo: coinvolgere anche gli uomini in un processo di cambiamento che non può prescindere dalla loro collaborazione e dei cui risultati beneficeranno anche loro. Sono molteplici gli studi che provano che un ambiente professionale equilibrato in termini di genere è un ambiente più efficiente e produttivo, oltre che più appagante. Ci pare che qualche segnale positivo venga dalle nuove generazioni di uomini più sensibili, per esempio, rispetto al tema del work-life balance di quanto lo fossero i loro colleghi più senior.
Come mai secondo lei?
Spesso hanno accanto donne che fanno il loro stesso lavoro o lavori ugualmente impegnativi e la loro consapevolezza rispetto ai temi di genere è necessariamente accresciuta dalla loro esperienza personale. Il cambiamento passa senz’altro attraverso l’empowerment delle donne, come si è detto per anni, ma ancor di più attraverso una rinnovata consapevolezza degli uomini che lavorano accanto a quelle stesse donne più consapevoli delle loro potenzialità.
C’è abbastanza rappresentanza femminile ai vertici della professione nel mondo IP?
Purtroppo no e questo vale per il mondo IP così come per il mondo delle professioni legali nel suo complesso. Ce lo ha raccontato bene proprio il MAG 143 che fa una fotografia della presenza femminile tra gli avvocati d’affari. La professione legale non è da tempo ad esclusivo appannaggio degli uomini, visto che circa la metà dei professionisti negli studi legali è di genere femminile, ma quando si parla di partnership, solo il 20% circa dei soci equity e salary è donna. Il numero di donne in ruoli apicali, che consentono di prendere decisioni, è dunque esiguo e non rappresenta in modo proporzionato il contributo che le donne danno alla crescita e al successo degli studi legali e delle aziende di cui fanno parte. Il mondo IP non fa eccezione, la presenza maschile è indubbiamente preponderante.
Tornando all’associazione come sarà organizzato il capitolo italiano?
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