Il socio co-fondatore di Trevisan & Cuonzo

Prodotti iconici: la tutela IP come creazione di valore

di Gabriele Cuonzo*

Nei prossimi 3/5 anni assisteremo a una importante trasformazione dell’industria legale grazie al ruolo rivoluzionario della AI. Una delle cose che cambieranno sarà l’aspettativa delle imprese verso il lavoro degli avvocati, cui verrà richiesto (oltre alle prestazioni intellettuali tradizionali che verranno in parte sostituite dalla AI), anche e soprattutto di “creare valore” con la propria attività sia essa di natura transactional (dove questa esigenza è sempre stata presente) che contenziosa. La value creation è un processo non lineare talmente legato a fattori umani, culturali, psicologici ecc che non potrà essere appannaggio delle macchine. Se nel mondo “corporate” la value creation è un concetto ben radicato da anni, per gli avvocati della proprietà intellettuale rappresenta invece una nuova frontiera e un tema parzialmente nuovo. Nell’IP il ruolo degli avvocati è stato sempre essenzialmente la difesa o al massimo la negoziazione (licensing) dell’asset intangibile, non la creazione in sé di valore nuovo per l’impresa. Eppure sarà questo “aggiungere valore” oltre alla “risoluzione dei problemi”, il terreno su cui si misureranno i successi e le sconfitte degli studi legali dell’IP nel prossimo futuro. 

Questa premessa è utile per capire il ruolo dell’IP nella value creation dei prodotti iconici. Anzitutto cerchiamo di dare loro una definizione, inevitabilmente metagiuridica: vi è una crescente consapevolezza, tra chi fa strategia d’impresa, dell’importanza che alcuni prodotti possono acquisire, “brillando di luce propria” finendo per costituire asset atipici accanto ai classici diritti di proprietà intellettuale (IPR) dell’azienda (ditta, marchi, brevetti, design, diritto d’autore, know -how ecc). Gli esempi sono numerosi e riguardano i più vari settori industriali. Si pensi alle borse Kelly e Birkin di Hermès, alle sedute disegnate da Le Corbusier e Eames, alla Ferrari “Testarossa” di Pininfarina, fino a icone più recenti come le scarpe dalla suola rossa di Louboutin o le loafers di Loro Piana. Questi prodotti hanno una caratteristica particolare che li rende preziosi: incorporano tutti specifici “Zeitgeist” che rinviano di volta in volta, in forme diverse, a una idea romantica di esclusività, oggi difficilmente conseguibile nell’ epoca del lusso globalizzato sempre più alla portata di vaste masse di borghesia emergente. I prodotti icona sono in fondo reliquie culturali che agiscono sulla psicologia degli acquirenti generando una sorta di nostalgia verso un altrove mitizzato, spesso rappresentato da personaggi del jet set, grandi attori del cinema, oppure personalità nel campo dello sport. Per le aziende, i prodotti iconici hanno l’ovvio vantaggio di rappresentare nicchie di mercato in sé (non essendo concepibili prodotti sostitutivi) parzialmente sottratte alla logica di prezzo e all’obsolescenza che colpisce i prodotti “normali”. 

Inoltre l’icona può essere aggiornata finendo per creare una sorta di prezioso fil rouge storico particolarmente importante per i prodotti a più alto contenuto tecnologico (si pensi alla lunga storia della 911 della Porsche o della Harley Davidson 883). Il prodotto iconico può divenire tale per un processo spontaneo del mercato, ma quasi sempre vi è la spinta del marketing: si pensi all’orologio “Monaco” di Tag Heuer indossato da Steve McQueen nel film Le Mans e rilanciato con grande forza negli anni novanta. In sostanza, di fronte alla globalizzazione del consumo, le aziende (specialmente quelle con un “heritage” industriale importante) sono costantemente alla ricerca del prodotto che possa diventare un nuovo “classico” magari pescando negli archivi o attraverso un progetto interamente nuovo. 

La tutela giuridica di questi asset strategici è un tema complesso in cui si incrociano diversi IPR (tipicamente, ma non esclusivamente, il marchio denominativo e di forma, il diritto d’autore, nonché la tutela contro la concorrenza sleale). Nel caso dei prodotti iconici è molto evidente la funzione di value creation dell’azione legale che diventa parte essenziale di una strategia di valorizzazione del prodotto. 

Fare una causa contro uno o più imitatori non è sufficiente e nemmeno utile se non vi è un coordinamento con la comunicazione strategica dell’impresa che deve dare il corretto risalto mediatico ai procedimenti giudiziari valorizzandoli presso il pubblico rilevante. Cito ad esempio, quello che mi sembra uno dei casi più rilevanti di value creation attraverso l’IP degli ultimi decenni. Le sentenze ottenute dallo studio Trevisan & Cuonzo nel caso Panton chair dal Tribunale di Milano aprirono la strada alla tutela autoristica del grande design, furono progettate anche come parte di una campagna di comunicazione non avrebbero avuto l’impatto che ebbero senza l’interesse dei media dell’epoca che spiegarono al grande pubblico perché alcuni prodotti iconici del design del 900 dovevano essere considerati opere d’arte e protetti in quanto tali.

Quelle sentenze dei primi anni 2000 furono propedeutiche al grande successo del Salone del Mobile di Milano. Se non è possibile quantificare il valore finanziario indotto dalla spinta del caso Panton, certamente si può dire che quelle cause pionieristiche e la relativa strategia di comunicazione che le accompagnò crearono le condizioni per l’enorme crescita del business del design (soprattutto italiano) degli ultimi due decenni. Vi fu insomma una creazione di valore che in quel caso si riverberò sull’intero settore del classic design. Altri casi celebri di creazione di valore attraverso l’IP sono il successo globale delle calzature Louboutin grazie alla lunga e tormentata vicenda giudiziale sulle suole rosse e più recentemente i casi dei mocassini Loro Piana “White sole”. 

In conclusione, il ruolo dell’IP nel futuro sarà sempre più legato alle strategie di impresa e potrà contribuire (come nel caso dei prodotti iconici) alla creazione di valore finanziario anche attraverso strumenti, come il contenzioso, concepiti tradizionalmente dal management dell’azienda come puramente difensivi cioè un “male necessario”.  

*Managing Partner, Trevisan & Cuonzo

nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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