Ponti & Partners con il comune di Lignano Sabbiadoro per il risarcimento per danno d’immagine

Ponti & Partners, con i soci Luca Ponti e Luca De Pauli (entrambi in foto), ottiene un’importante pronuncia da parte della Corte d’appello di Trieste in ambito di materia ambientale, per l’amministrazione comunale di Lignano Sabbiadoro (in provincia di Udine), risarcita, dopo una battaglia legale durata oltre diciassette anni, per danno d’immagine da reato.

La vicenda risale al periodo tra l’estate del 2005 e quella del 2006, quando il Comune di Lignano aveva affidato la raccolta dei rifiuti solidi urbani a una società (dichiarata poi fallita dal tribunale di Venezia nel 2009), che durante la gestione aveva conferito nella discarica di San Giorgio di Nogaro anche rifiuti provenienti dal Veneto, pur dichiarandoli come di origine lignanese. 

Il legale rappresentante fu condannato in primo grado a 1 anno e 3 mesi di reclusione, assolto poi nel merito dalla Corte d’appello di Trieste nel 2016, pur a reato ormai prescritto.

Furono gli avvocati Ponti e De Pauli a impugnare tale sentenza, facendo ricorso in Cassazione, che l’anno successivo annullò l’assoluzione penale ai fini civili.

Con la stessa pronuncia, la Cassazione aveva anche rinviato l’imprenditore davanti al giudice in grado d’appello, per valutare le richieste di risarcimento del danno d’immagine avanzate dal Comune di Lignano. Nel 2019, tuttavia, la domanda era stata in parte rigettata e in parte dichiarata inammissibile, con gravosa condanna alle spese a carico dell’Ente.

Da qui, l’ulteriore ricorso alla Suprema Corte, previa la sospensione della esecuzione della sentenza da parte della stessa Corte d’appello e, nel 2022, il riconoscimento del diritto a pretendere quantomeno i danni «all’immagine e morali», oltre alla rifusione delle spese di lite questa volta a totale vantaggio del Comune.

Investita dalla Corte di Cassazione del compito di valutare se l’importo stabilito in sede di transazione nel 2013 tra l’ente e la procedura fallimentare fosse o meno pienamente satisfattoria anche in tal senso, la Corte d’appello civile di Trieste ha ritenuto esserci spazio per integrare il ristoro con la condanna al risarcimento del disservizio o, codice penale alla mano, dell’autore della frode nelle pubbliche forniture, con somma liquidata in euro 25 mila.

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