Pirola Pennuto Zei, corsa all’estero
Una scommessa vinta. E una nuova sfida da affrontare. Combinare assieme servizi legali e tributari, da una parte. Ampliare ancora il proprio raggio d’azione Oltreconfine dall’altra.
MAGha incontrato Giuseppe Pirola e Massimo Di Terlizzi, rispettivamente presidente e co-managing partner dello studio Pirola Pennuto Zei, uno dei primi cinque studi d’affari attivi in Italia per fatturato (si veda l’ultima edizione della Best 50 pubblicata sul numero 101).
Il 2017, per l’organizzazione nata nei primi anni Ottanta, si è chiuso con ricavi pari a 120,925 milioni di euro, in crescita del 3,4% sull’esercizio precedente. Superata la soglia dei 120 milioni di giro d’affari i soci hanno gioco facile a definire lo studio «un “one stop shop” italiano indipendente e di qualità con una forte caratterizzazione internazionale».
E proprio «le sinergie tra le diverse linee di servizio della nostra organizzazione professionale», dicono a MAG, Pirola e Di Terlizzi, sono da considerare i fattori che hanno determinato l’ulteriore crescita dell’insegna nel corso dell’ultimo anno».
Ma per il prossimo futuro, lo studio ha messo in cantiere un progetto di rafforzamento della propria presenza internazionale. Infatti, dopo lo sbarco in Cina (a Pechino nel 2008 e Shanghai nel 2013) e l’apertura della sede di Londra (nel 2011), Pirola Pennuto Zei, stando a quanto i suoi partner fanno sapere in anteprima a MAG, potrebbe presto annunciare l’avvio di tre nuove sedi in Francia, in Germania e negli Stati Uniti d’America.
L’ulteriore internazionalizzazione dello studio, a sentir parlare i soci, è la principale priorità strategica in questo momento: «Riteniamo che la nostra presenza in questi Paesi costituisca un plus anche per attrarre lavoro in Italia».
Per di più si tratta di mercati con cui lo studio spesso si trova già ad avere a che fare.
Si pensi solo al primo semestre di quest’anno: Pirola Pennuto Zei ha affiancato la veneta MEB srl nel passaggio della maggioranza del capitale ai tedeschi di Würth, così come ha seguito i profili di diritto tributario nell’operazione con cui gli americani di Bain Capital hanno acquisito Italmatch (deal del valore di circa 700 milioni di euro), mentre è stato al fianco del gruppo francese Joncoux nell’acquisizione di Apros. Tutte operazioni di m&a con almeno una parte straniera coinvolta e tutte operazioni in cui lo studio si è trovato, a seconda dei casi a occuparsi dei profili legali e fiscali, ovvero della parte tax del deal o solo di quella legale.
Consulenza legale e fiscale, come convivono sotto il vostro tetto?
Massimo Di Terlizzi (MDT): In modo sinergico e complementare, anche con gruppi di lavoro misti.
Qual è il rapporto avvocati commercialisti nello studio?
MDT: L’attività di diritto societario, di diritto tributario e regolamentare è svolta prevalentemente dai dottori commercialisti, le altre practice dagli avvocati. Entrambe le categorie hanno compreso che lavorare insieme comporta reciproci vantaggi.
E guardando ai soci, quanti sono avvocati e quanti commercialisti?
MDT: Per quanto riguarda i partner, lo studio conta 92 dottori commercialisti e 30 avvocati
Oggi la compresenza di avvocati e commercialisti è un fatto accettato (persino ricercato) in molte realtà. Quando siete partiti, però, la cosa lasciava perplessi tanti osservatori: cosa è cambiato?
Giuseppe Pirola (GP): Nel passato, la maggior parte degli studi legali considerava i dottori commercialisti dei “contabili” e quindi tendeva a differenziarsi rispetto a tale categoria professionale; con il passare degli anni, in molti hanno invece compreso che buona parte dei dottori commercialisti svolgono attività che nei paesi anglosassoni sono svolte da avvocati e, soprattutto, che dall’attività degli uni se ne traggono sinergie per gli altri.
La vostra capacità d’azione ha un range molto vasto: ci sono ancora settori o aree di pratica in cui pensate di dovervi rafforzare?
MDT: Si stiamo pensando ad attività di advisory ma, soprattutto a rafforzare la nostra presenza in altri Paesi esteri.
Lo studio ha già tre sedi all’estero: quanto conta la presenza internazionale per voi?
GP: Tutte le nostre persone hanno una forte vocazione internazionale dovuta anche al fatto che oltre la metà dei nostri clienti ha una presenza internazionale. Per questo motivo la presenza internazionale per noi è essenziale; intratteniamo rapporti privilegiati con diversi studi stranieri, reti, enti e istituzioni internazionali.
È una presenza destinata a crescere? Qual sarà la prossima mossa?
GP: Al momento abbiamo tre Paesi in cui pensiamo di sviluppare…
PER CONTINUARE A LEGGERE L’INTERVISTA CLICCA QUI E COPIA GRATIS LA TUA COPIA DI MAG