Perché è ora di ribellarsi all’anti-lingua legale

L’avvocato 20/20 sarà chiamato a coniugare la chiarezza e il pragmatismo del problem solver all’architettura e all’estetica del legal designer

 

di nicola di molfetta

È un avvocato ma non più iscritto all’Albo. Ha lavorato in azienda, ma non fa il general counsel. È un esperto di linguaggio, ma non è un comunicatore. Definire Federico Fontana è tutt’altro che una cosa banale. Con una battuta si potrebbe dire che è un “personaggio”. Un intellettuale della professione. Un appassionato. Un po’ John Keating e un po’ un Michael Clayton della business law. Un battitore libero. Un consulente specializzato in legal project management. Un costruttore di “ponti”. Uno specialista che viene chiamato in gioco in occasione di progetti straordinari e riesce a far dialogare tra loro una pluralità di soggetti: avvocati, in house counsel, responsabili finanziari, ingegneri e così via, a seconda dei casi. Su Linkedin si definisce Interim Special Counsel. Dallo scorso dicembre sta lavorando per il senior management di ArcelorMittal a Taranto sulla questione Ilva. In passato si è occupato di Candy, Johnson & Johnson e Fca.

Se gli si chiede, così come ha fatto MAG, “chi è?”, lui si schermisce dietro gli occhialini ovali e risponde: «Domanda impossibile! L’etichetta è solo un’etichetta». Il che può sembrare paradossale se si pensa che la parola e la comunicazione sono ciò di cui si occupa costantemente. Di fatto, è un ribelle. E non a caso, lui si riconosce nella definizione di “ribelle” che ha dato Francesca Gino, ordinario di amministrazione aziendale alla Harvard Business School, in una recente intervista pubblicata da Avvenire: una persona attratta dal nuovo, curiosa, capace di cambiare prospettiva, pronta a sfidare i ruoli sociali predeterminati, e autentica, quella “autenticità, che i ribelli abbracciano in tutto ciò che fanno, rimanendo aperti e vulnerabili per entrare in contatto con gli altri e imparare da loro”.

Le parole sono importanti, diceva il Michele di Palombella Rossa. E Federico Fontana, con la sua eFFecounseling ha deciso di occuparsi non solo di interim management e corporate counseling, ma anche di corporate story telling ovvero della ideazione e realizzazione di moduli di formazione sul legal writing in chiave narrativa per avvocati e legali d’azienda.

Perché ha deciso di occuparsi di linguaggio legale?
Perché la parola è l’unico strumento di lavoro dell’avvocato. Per provare a mettermi nella prospettiva del lettore/cliente. Per dimostrare che un altro modo c’è e può funzionare meglio. Per divertirmi e divertire imparando, facendo una cosa che mi piace e che ritengo utile nel lavoro di ogni giorno di un giurista.

 A pensarci bene, l’avvocato altri non è che uno scrittore
Sì, esatto, in un campo del sapere che ha i suoi canoni e i suoi codici. Poi da sempre la legge recita. E il processo si celebra. Ma allora: anche la scrittura legale ha una sua drammaturgia e una sua dimensione narrativa? Secondo me si, infatti, per esempio, la struttura di un contratto è divisa in 3 atti, esattamente come una sceneggiatura cinematografica.

Quali sono gli strumenti del mestiere, in quest’ottica?
Teatralità, creatività e abilità retorica sono molto utili per un avvocato. La mia collaborazione con la Scuola Holden di Torino nasce da qui. Ad aprile partiamo con un corso che si addentrerà in territori di solito poco battuti dai giuristi e sarà strutturato in 3 moduli/week-end: l’avvocato e la creatività; l’avvocato e il pensiero visivo; l’avvocato e lo stile. Una sfida innovativa e spero stimolante. Dialogheremo anche con un pubblicitario, un regista e un narratore.

La scrittura quindi è un asset da sviluppare e valorizzare. A cosa serve o dovrebbe servire?
Innanzitutto, per capire e farsi capire. Poi per fare domande, informare, interpretare, argomentare, convincere. Sino a mettere a punto uno stile proprio, per farsi conoscere e riconoscere. I benefici, anche economici, della legal simplification, sono molto studiati nel mondo. Tutto parte dalla lingua, il cosiddetto Plain English (or Italian). Ma non basta. La parola articolo ha infatti la stessa radice etimologica della parola arte (una piccola opera d’arte). Ecco che si intravede il Legal Design!

Lei gli avvocati li conosce bene: cosa li avvinghia all’anti-lingua della professione?
Facilità. Pigrizia. Convenzioni. Inconsapevolezza. Potere. Narcisismo. Paura.

Paura di che?
Paura di perdere una posizione di privilegio e di presunta superiorità. Paura di non essere accettati dalla propria comunità di riferimento. Paura delle conseguenze dello scriver chiaro. Comprensibile, per certi versi, per altri no. L’avvocato ha precise responsabilità etiche, deontologiche, sociali. Ti deve far capire come stanno le cose. Poi tu decidi.

Com’è cambiata la relazione con i clienti e perché questo gergo non è più passabile?
Il cliente non ne può più di email riscontrate o evase e dei mi pregio di compiegarLe unitamente alla presente. Scrivere è per chiunque ragionare. Per un avvocato scrivere è essere.

In che senso?
Fammi leggere un tuo parere o una tua lettera e ti dirò (subito) chi sei. Anche il rapporto cliente-avvocato, almeno nel mondo delle aziende, è oggi molto meno asimmetrico, se non sovvertito. Gli in-house counsel hanno spesso un bagaglio più ricco e variegato di un avvocato che è rimasto sempre in studio. L’esperienza che viene dal campo diventa conoscenza, risolve i problemi. I bravi in-house sanno se la soluzione ipotizzata funzionerà o non funzionerà nella operatività quotidiana.

Sono diventati interlocutori impegnativi…
Hanno una prospettiva privilegiata, molto ampia. Parlano altre lingue, quelle delle varie funzioni/competenze aziendali, vivono e si confrontano con diverse dinamiche di business (e relativi lessici), e nelle realtà multinazionali fungono spesso da veri mediatori culturali (il contratto non è mai verticale, è sempre orizzontale, e questa trasversalità è ancora molto rara in azienda, persino nel 2020). Infine, la sintesi, una buona sintesi, è sempre essenziale. I CEO, è noto, sono telegrafici nelle loro comunicazioni. Spesso serve anche una decodifica. E qua entrano in gioco altre abilità e agilità che provo ad identificare ed allenare nei corsi che tengo ad avvocati e legali di azienda.

Pensa che il linguaggio e la chiarezza comunicativa siano una questione anche etica?
Sì, senza dubbio, lo accennavamo prima. Ad esempio, il non…

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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