Pensiero stupendo: cosa sapete davvero dell’IA? La seconda monografia di MAG
di giuseppe salemme
«Come si fa a rendere comprensibili a tutti, in secondi di informazione, concetti che richiedono anni di studi per essere padroneggiati?». A chiederselo, in un’intervista del 2015, era Edward Snowden, il più noto e bistrattato whistleblower della nostra epoca, che qualche anno prima aveva deciso di diffondere migliaia di documenti top secret che svelavano i formidabili poteri di sorveglianza delle telecomunicazioni esercitati dalle agenzie di sicurezza americane. Snowden aveva sempre detto di averlo fatto per permettere agli elettori statunitensi di esprimere un’opinione informata su pratiche così invasive per la privacy; ma il grande rischio era che il cittadino medio, avulso da concetti quali metadati, botnet e content provider, si trovasse davanti una curva d’apprendimento troppo ripida per capire davvero la portata delle sue rivelazioni.
Una dinamica simile sta già inquinando il dibattito odierno sull’intelligenza artificiale. All’estero parlano già di AI fatigue, “stanchezza da IA”, per riferirsi al senso di sfinimento misto a disillusione causato dal flusso ininterrotto di notizie e discussioni su algoritmi, reti neurali e chatbot. Certo, è raro che qualcosa monopolizzi in così poco tempo il dibattito sul futuro di praticamente ogni campo dello scibile, in tutto il mondo. Ma la complessità tecnica dell’argomento gioca un ruolo decisivo: anche perché è risaputo si tratti di una tecnologia il cui funzionamento non è perfettamente chiaro nemmeno a chi la sviluppa.

In questi casi il pericolo è che si finisca a parlare non tanto del fenomeno in sé, quanto del suo fantasma. In molti discorsi l’IA sembra diventare un’entità generica, impalpabile, incoerente: ci riferiamo ad essa rielaborando concetti presenti da molto prima dell’arrivo di ChatGpt e compagnia. Dopotutto sono anni che sentiamo parlare indiscriminatamente di IA in riferimento ai fenomeni più disparati.
Non abbiamo dovuto costruire una categoria ad hoc per la nuova tecnologia; abbiamo utilizzato quelle che avevamo già, nonostante calzino tutt’altro che a pennello. Basta guardare alla terminologia: “intelligenza”? A malapena riusciamo a darne una definizione, e ora saremmo in grado di crearla? E poi, perché “intelligenza” al singolare? È un approccio pigro, a voler essere teneri. A voler esserlo meno, è vero e proprio marketing: come giustamente notato da Stefano Epifani su Wired, significa partire dall’assunto che l’IA sia intelligente; non la premessa ideale per chi è interessato a capire di cosa si tratti davvero.
Sia chiaro: questa monografia non è né un manuale di informatica né di semantica. Dentro ci troverete storie, dati, voci, fatti, come in ogni opera giornalistica. L’intento è raccontare e analizzare ciò che sta avvenendo nell’era del boom delle IA, attingendo al meglio del giornalismo e della letteratura internazionali sul tema, per spiegarne il funzionamento e offrire spunti, chiavi di lettura e idee utili a orientarsi meglio in un mondo in piena fase di transizione. Il tutto sforzandoci di non perpetrare equivoci potenzialmente dannosi per la reale comprensione della portata dei cambiamenti cui andiamo incontro.
In una parola: informare. Tutto ciò, per due motivi fondamentali.
Il primo è che il progresso senza consapevolezza non è vero progresso. I vaccini a mRna ci hanno permesso di accelerare l’uscita dall’emergenza pandemica; eppure, a causa di una comunicazione insufficiente, la mancata comprensione del loro funzionamento non ha permesso che fossero riconosciuti subito dal pubblico come l’incredibile traguardo scientifico che erano. L’IA rischia di seguire una sorte simile, se non capiamo davvero come funziona.
Il secondo motivo per cui vale la pena interessarsi a questa nuova tecnologia è che ha bisogno di noi molto più che l’inverso. Per quanto molti provino a farcelo credere (anche tra i diretti responsabili della sua diffusione), all’orizzonte non c’è un mondo in cui avremo subappaltato ogni nostra attività ad algoritmi molto più capaci ed efficienti di noi. Anzi: nei prossimi anni ci saranno sempre più scelte da compiere, diritti da difendere, pericoli da sventare e strutture da ripensare. Non illudiamoci che un programma possa farlo al posto nostro; forse nemmeno i governi o i mercati potranno. Serviranno consapevolezza e buonsenso, oltre a capacità di immaginare, adattare e mettere in pratica. Insomma, la solita vecchia roba da esseri umani.
PENSIERO STUPENDO – MAG MONOGRAFIE n° 2