PedersoliGattai, un anno dopo. Centrato l’obiettivo di posizionamento. Entro il 2027, la sede unica
PedersoliGattai, un anno dopo. È stata l’operazione di merger tra studi più ambiziosa e più grande che il mercato dei servizi legali italiano abbia visto sinora. E non è un segreto per nessuno che addetti ai lavori, colleghi e competitor hanno cercato di studiare nei minimi dettagli ogni singola mossa della neonata powerhouse legale nazionale risultante dall’aggregazione delle ex super boutique Gattai Minoli, Pedersoli, assieme a un terzo gruppo di professionisti fuoriuscito da BonelliErede (per recuperare tutte le informazioni sulla fondazione dello studio si veda il numero 205 di MAG).
MAG, a un anno di distanza dal kick off ufficiale del progetto, ha cercato di fare il punto sullo stato dell’arte incontrando, per un’intervista esclusiva il managing partner Bruno Gattai e i due deputy Carlo Re e Stefano Cacchi Pessani.
Al netto di alcune uscite, soci che hanno deciso di seguire altre strade (basti pensare a Luca Minoli, passato a LCA oppure a Silvia D’Alberti che ha scelto di entrare nella squadra di Orsingher Ortu), lo studio ha innanzitutto vinto la scommessa del posizionamento. «Era la nostra priorità – dice Bruno Gattai a MAG – e oggi posso dire che siamo esattamente dove volevamo: un tier 1 alla stregua di realtà come Chiomenti e Legance». La questione era fondamentale perché «restare nella fascia altissima del mercato è l’unico modo per garantire alla struttura una buona marginalità – osserva Gattai –. E questo sarà sempre più vero anche in futuro, per via dell’impatto che l’intelligenza artificiale avrà sul settore e della massificazione del lavoro. Gli studi che continueranno a essere premiati dal mercato sono quelli che riusciranno a dare valore aggiunto schierando professionisti di talento, capaci di fare la differenza».
Anche in termini di fatturato, fa sapere il managing partner, lo studio non solo ha fatto il budget ma dovrebbe essere riuscire a chiudere il 2024 con una performance decisamente lusinghiera (in sede di preconsuntivo si parla di un possibile incassato di 125 milioni di euro).
A parlare sono state soprattutto le operazioni. «Siamo stati presenti e attivi su buona parte dei deal più importanti dell’anno», prosegue Gattai che, personalmente ricorda l’assistenza fornita a Eni Plenitude in occasione dell’accordo per l’ingresso del fondo energetico svizzero Eip al 10% del capitale, così come l’affiancamento del colosso del cane a sei zampe per l’ingresso nel capitale di Enilive da parte di Kkr. A proposito di private equity, poi, ricorda Cacchi Pessani, «siamo stati al fianco di Cvc nell’acquisizione de La Piadineria e abbiamo assistito Retex (società benefit investita da Fsi) nell’Opa su Alkemy. Per non parlare del calcio». Qui lo studio ha affiancato Oaktree Capital Management nell’acquisizione del controllo dell’Inter e, come sottolinea Carlo Re, «la Juventus per l’aumento di capitale da 200 milioni del marzo scorso». Ma il track record del primo anno di attività dello studio include anche altre operazioni di rilievo come l’opa di E-Coffee Solutions (gruppo Lavazza) su Ivs Group, ovvero l’assistenza alla famiglia Della Valle nel delisting di Tod’s dal mercato Euronext Milan di Borsa Italiana.
«Nel mentre – prosegue Gattai – continuiamo a lavorare sull’integrazione. C’è ancora del lavoro da fare. Abbiamo messo assieme tre culture diverse e piano piano stiamo arrivando a creare una cultura di mezzo cercando di prendere il meglio da tutti». Sul piano operativo, però, i rappresentanti della leadership dello studio assicurano che tutto è stato fatto. La governance funziona bene con questo triumvirato che agisce come un unico soggetto e si occupa della gestione ordinaria e delle proposte principali. «Ci vediamo due volte a settimana e discutiamo di tutto, confrontandoci e interagendo con il comitato esecutivo a cui, invece, spettano le decisioni più rilevanti», dice Cacchi Pessani. «Inizialmente – ricorda Re – i quattordici componenti del comex si riunivano settimanalmente, ma adesso abbiamo portato la frequenza di questi incontri a una volta ogni due settimane». Anche perché la gestione non ha affrontato particolari complessità. L’equity è suddivisa per quote che verranno ridiscusse tra due anni, e poi c’è un bonus pool che serve a premiare le performance dei più meritevoli. I flussi di cassa sono regolari. E la giacenza media in banca supera regolarmente di 2-3 milioni la soglia di base che è stata stabilita nei piani di gestione con il cfo.
«Agiamo come un’unica struttura dal primo giorno, abbiamo un solo conto economico e siamo perfettamente integrati e in grado di agire come una sola struttura. Su questo – aggiunge il managing partner – devo dire che lo staff ha svolto un lavoro prezioso: It, amministrazione, direttore generale, hanno dato un contributo prezioso». Le attività operative e progettuali sono state portate avanti anche con l’assistenza di un advisor esperto come Ugo Bisacco che ha esaurito il suo compito e che da quest’anno, secondo quanto appreso da Legalcommunity, affiancherà il management di Hogan Lovells in Italia.
Per il resto, la leadership non pensa a un ulteriore processo di managerializzazione della struttura. «Siamo convinti che sia sufficiente un’organizzazione snella», dicono i tre soci gestori. «Preferiamo essere a contatto diretto con quello che succede», specifica Cacchi Pessani. «Il nostro marketing è essenziale – aggiunge Gattai –. Ma fintanto che il lavoro continua ad arrivare così, perché dovremmo investire di più?» Forse una ragione sarebbe quella di costruire un’immagine più coerente e coordinata, utile a presentarsi al mercato in maniera più compatta. La questione è sul tavolo. Ed è qualcosa, assicurano Gattai, Re e Cacchi Pessani, su cui lo studio sta già lavorando.
Resta ancora da smarcare la questione logistica. Come ricordato all’inizio, PedersoliGattai è la risultante di un giga-merger che ha dato vita a una realtà con oltre 380 professionisti. La necessità di trovare una casa comune per tutta la popolazione professionale dello studio è importante soprattutto perché è considerata un passaggio essenziale per realizzare il giusto amalgama culturale che i soci stanno cercando. Sul punto Gattai, Re e Cacchi Pessani fanno sapere che lo studio ha valutato diverse opportunità nel corso degli ultimi mesi e che probabilmente una soluzione è stata individuata. «Siamo vicini alla firma». E se tutto andrà come deve, lo studio potrebbe avere la sua nuova sede entro la fine del 2026, o al massimo, all’inizio del 2027. Non sono tempi brevi, ma tant’è. «Intanto stiamo sempre più lavorando insieme», sottolinea Re. «Molte operazioni – evidenzia Cacchi Pessani – hanno visto la collaborazione di team provenienti dai diversi nuclei fondanti dello studio confermando anche la natura sinergica dell’operazione».
Altri investimenti, nel prossimo futuro, riguarderanno la tecnologia. «Sull’intelligenza artificiale – dice Gattai – non possiamo rimanere indietro. Appena troveremo le soluzioni giuste per noi, spenderemo tutto il necessario su questo fronte». Del resto, aggiunge Cacchi Pessani, «il nostro merger è servito anche ad avere più massa critica per investire su questo fronte».
Quanto ai lateral hire, invece, per il momento non sono previste particolari iniziative. «Abbiamo avuto diverse opportunità – sottolinea Re – ma per il momento abbiamo deciso di dedicarci al consolidamento della nostra squadra di partenza. Questa è la priorità. Del resto, non abbiamo practice strategiche che ci mancano. Non abbiamo buchi». Il piano 2024 ha previsto solo un percorso di crescita per linee interne che ha portato all’ingresso nella partnership di Andrea Faoro (societario, fusioni e acquisizioni), Edoardo Pedersoli (societario, fusioni e acquisizioni; Real Estate) e Giulio Sandrelli (societario, fusioni e acquisizioni; regolamentazione finanziaria). Assieme ai nuovi soci, sono stati promossi anche 18 nuovi senior counsel. Insomma, per PedersoliGattai il 2024 è stato un anno vissuto in corsa, alla fine del quale il bilancio dei soci è sostanzialmente positivo. L’unico “ma” è rappresentato dalle incognite del mercato, anche se si tratta di un fattore con cui oramai gli avvocati hanno imparato a fare i conti, visto che si tratta di una costante impossibile da eliminare.
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