Paradigmi per nuovi leader di mercato

di nicola di molfetta

Dal prodotto al processo. E con un occhio, anzi due, al business e ai mercati. Cambiano gli avvocati d’affari e cambia l’approccio alla professione.

Il tema è costantemente dibattuto. E nei giorni scorsi, ho trovato molto interessanti gli spunti che sono arrivati dalle uscite su alcuni quotidiani di due professionisti molto diversi tra loro per storia e posizionamento di mercato, ma accomunati da una straordinaria capacità di lettura del presente e di elaborazione strategica del proprio agire.

Il primo è Michele Briamonte, managing partner di Grande Stevens che, dalle pagine torinesi del Corriere della Sera, ha detto chiaro e tondo che un avvocato, oggi, non può più restare legato a una «concezione ieratica» della professione.

Il mondo non si divide più tra sacerdoti del diritto e laici, ma vede gli avvocati chiamati a scendere dal piedistallo, seguire le vicende dell’economia e della finanza, per poi riuscire a proporsi come partner degli operatori economici entrando a far parte della catena del valore.

L’errore più grande commesso dall’avvocatura nel recente passato, dice il socio 40enne che gestisce lo studio fondato da Franzo Grande Stevens, è stato quello di tentare (senza successo) di difendere privilegi di casta finendo così con il porsi fuori dal novero delle «figure professionali utili». Il rifiuto di accettare il fatto di essere operatori economici è stato a lungo il limite che ha portato molti legali a diventare marginali nelle attuali dinamiche di mercato.

E qui entra in gioco un secondo tema che possiamo definire dirompente e che viene proposto da Giuseppe La Scala, fondatore del primo studio legale Spa d’Italia, in un’intervista pubblicata da ItaliaOggi.

 

 

Stare sul mercato vuol dire muoversi alla sua velocità, parlarne lo stesso linguaggio ed essere in grado di integrare il proprio ruolo e la propria funzione con gli obiettivi e le ambizioni della clientela. Questo sposta il focus della qualità. O meglio lo amplia. In passato, ciò che contava era l’eccellenza del prodotto o se si vuole dell’assistenza. Oggi, un contratto perfetto o una difesa impeccabile, devono essere preceduti da un processo di elaborazione altrettanto eccellente. «La strada obbligata – dice La Scala – è quella della qualità non solo del prodotto ma anche del processo».

Entrambi gli avvocati invitano a guardare alla capacità di un professionista o di uno studio di essere utile. Per La Scala, il mondo sarà sempre più diviso tra «quelli che risolvono veramente i problemi e chi serve poco ai clienti, al sistema e a se stesso». E Briamonte, a distanza, conferma: «Siamo pagati per quello».

Questo approccio chiarisce bene il perché di tante iniziative fuori dall’ordinario che gli studi legali che guidano il settore stanno compiendo in questa fase. Cosa accomuna, pur nella diversità, le strutture che stanno crescendo di più all’indomani della grande crisi? La ricerca dell’utilità per i clienti. Una ricerca che spinge a essere, a seconda dei casi, più internazionali, tecnologicamente avanzati, meglio organizzati, più efficienti oltreché sempre ai massimi livelli per qualità del proprio output.

In questo numero, come ogni anno, facciamo il punto sull’andamento del fatturato dell’avvocatura d’affari. Sappiate che dietro le cifre più o meno mirabolanti c’è tutto questo. L’impegno alla costruzione di nuovi paradigmi di mercato.

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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