Dopo Nasrin, condannato un altro avvocato iraniano

Dopo la vicenda di Nasrin Sotoudeh (leggi la notizia scaricando gratis a questo link il 118° numero di MAG), un altro caso in Iran che riguarda avvocati attivi nel campo dei diritti umani sta facendo discutere. Questa volta parliamo di Amirsalar Davoudi (nella foto), che è stato condannato a 30 anni di carcere e 111 frustate. Lo ha riportato il primo giugno su Twitter sua moglie Tannaz Kolahchian, anche lei avvocata.

Davoudi era stato arrestato il 20 novembre 2018 e posto in detenzione nella prigione di Evin, con accesso estremamente limitato al suo avvocato di fiducia, Vahid Meshgani Farahani, e ai familiari. Le accuse per lui sono quattro: offesa a pubblico ufficiale, offesa alla Guida suprema, diffusione di propaganda contro il sistema, e costituzione di un gruppo allo scopo di danneggiare la sicurezza nazionale.

In merito all’ultimo capo d’accusa, il giudice ha ritenuto Davoudi colpevole per aver creato un gruppo su Telegram (il cui nome è “Without retouch“) dove era possibile segnalare violazioni dei diritti umani e dove pubblicava notizie e riflessioni su questioni politiche e sociali e sulla situazione riguardo alle libertà di pensiero ed espressione. La “propaganda” a cui fa riferimento la sentenza di condanna consiste, invece, solo nel rilascio di interviste pubbliche.

Nell’esercizio della sua attività di legale, Davoudi ha più volte difeso in tribunale attivisti per i diritti umani e persone imprigionate a causa delle loro iniziative in ambito sociale e politico. Ma, come è opportuno ricordare, tra i Principi Fondamentali relativi al Ruolo dell’Avvocato adottati dalle Nazioni Unite nel corso dell’Assemblea Generale tenutasi a L’Avana nel 1990, è previsto il divieto di far ricadere sugli avvocati le colpe dei propri assistiti: in buona sostanza, i legali non possono in alcun modo venire identificati con le condotte dei propri clienti.

In definitiva, come conferma Amnesty International – che ha riportato sul proprio sito la notizia -, la pena che dovrà scontare l’avvocato Davoudi è di 15 anni di detenzione, nonostante la sentenza ne preveda il doppio, perché è stata applicata lo l’articolo 134 del codice penale iraniano che dispone il divieto di cumulo in caso di tre o più condanne. La tortura prevista nella pena, le 111 frustate, potrebbe essere non applicata, come succede spesso – lo ha confermato a Legalcommunity il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury – nei casi più in vista a livello mediatico.

Il 2 giugno, l’avvocato di Davoudi, Vahid Meshgani Farahani, ha dichiarato in un’intervista che il suo assistito è stato anche condannato a pagare una multa di 60 milioni di rial (moneta iraniana, corrispondenti a circa 1.265 euro) e astenersi dalle attività sui social media per due anni. Il 4 giugno, sua moglie ha twittato che il marito era stato finalmente trasferito in un reparto pubblico nella prigione di Evin dopo aver trascorso 190 giorni in isolamento, ha anche riferito l’uomo ha deciso di non opporsi al verdetto, quindi non ricorrerà in appello.

In meno di un anno, sottolinea il Centro iraniano per i diritti umani (CHRI), sono già tre gli avvocati colpiti in maniera strumentale per aver svolto legittimamente il proprio lavoro: un picco – si legge in una nota del CHRI – nella tendenza a punire gli avvocati che difendono i diritti umani in Iran.

Insieme a Nasrin Sotoudeh e Amirsalar Davoudi troviamo Mohammad Najafi, che sta scontando una condanna a tre anni di reclusione e 74 frustate (la pena totale è di 19 anni).

Di questi tre casi, quello di Nasrin è quello che più di tutti ha avuto risalto a livello mediatico e ha ottenuto la più ampia visibilità internazionale. Ma a che punto è la sua situazione?

Nasrin Sotoudeh ha visto confermata la propria condanna in appello: 12 anni di carcere. L’avvocata ha fatto sapere che non presenterà ricorso. Per fortuna la tortura sembra scongiurata, ma resta il fatto che in Iran, come in molti altri paesi del mondo, i legali impegnati nell’esercizio del rispetto dei diritti umani vengono troppo spesso puniti o ostacolati, con provvedimenti che violano le normative internazionali che disciplinano il ruolo, i diritti e i doveri degli avvocati.

Secondo il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, la situazione della giustizia in Iran è peggiorata con la nomina a capo della magistratura di Ebrahim Raisi, candidato alle ultime elezioni presidenziali e sconfitto dal più moderato Hassan Rouhani. “Quello di Amirsalar Davoudi è l’ennesimo caso di un avvocato per i diritti umani perseguitato in Iran. Amnesty International, dopo aver dato la notizia della condanna di Davoudi, organizzerà un appello in suo favore chiedendo il suo immediato rilascio” ha dichiarato a Legalcommunity Riccardo Noury.

 

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