Marotta, la nuova stagione del restructuring
Undici omologhe nel 2023. A cui si sommano altri sei concordati avviati più ulteriori quattro domande presentate da inizio 2024. Il mercato del restructuring ha messo il turbo, dopo anni di quiete, e il bilancio dell’attività di Francesco Marotta, senior counsel di Ey, e del suo gruppo di lavoro ne è una chiara testimonianza. «Possiamo sicuramente parlare di trend», dice l’avvocato contattato da MAG. «Stiamo assistendo al redde rationem delle garanzie Mcc e Sace – spiega Marotta –. In molti casi è finito il periodo di preammortamento, e tante imprese non sono in grado di restituire quei finanziamenti. La cura ha agito sui sintomi ma non sulla malattia, verrebbe da dire. Le banche devono negoziare il rientro ma non possono attendere perché altrimenti perdono il diritto ad escutere la garanzia statale. In regresso Mcc e Sace devono, quindi, agire il regresso nei confronti del debitore, chiedendo la restituzione del finanzimento. Il debitore non può fare altro che proteggersi con uno degli strumenti previsti dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (Ccii). È un effetto a catena».
In questo scenario si inserisce l’attività di restructuring che punta sempre di più al salvataggio e al rilancio delle imprese. «Il nuovo codice della crisi d’impresa ha la continuità come mantra», sottolinea l’avvocato Marotta, allievo di un gigante come Natalino Irti, da 22 anni nel braccio legale del colosso della consulenza EY (del quale è stato anche managing partner tra il 2002 e il 2013) ed ex socio della Arthur Andersen di cui fece a tempo a vedere la gloria e il crollo, dopo lo scandalo Enron all’inizio del 2002. «A pensarci oggi, si trattò di un’esperienza premonitrice. I salvataggi sarebbero diventati il mio mestiere». Marotta, infatti, si occupò di seguire le trattative per il traghettamento della partnership dell’epoca in un porto sicuro. Alla fine, i porti furono due. Deloitte, per la maggioranza dei professionisti delle società di consulenza e revisione. EY, invece, fu l’approdo dei 100 avvocati che seguirono Marotta il quale, per lungo periodo ha continuato a occuparsi di corporate m&a. L’approdo al restructuring è arrivato in seconda battuta. «Confermo. Mal contati, direi che i primi 15 anni della mia attività sono stati dedicati prevalentemente alle operazioni straordinarie. E i successivi 20 alle ristrutturazioni». A cui, comunque, l’avvocato arrivò tramite un’operazione che nasceva come deal di m&a: l’acqusizione di Yomo da parte di Granarolo. «Io suggerii di procedere soltanto previa ammissione della società al concordato preventivo. Fu una delle prime operazioni nel 2004 strutturata attraverso l’acquisto del ramo d’azienda da una procedura». Granarolo è rimasto uno dei clienti che Marotta ha continuato a seguire con continuità. Tra le operazioni più recenti, quella realizzata da Granarolo con Latte Maremma. «L’abbiamo chiusa in tempi record. Ma è un risultato che deriva dall’esperienza pluriennale del cliente oltre che dell’avvocato». Un’esperienza che sul piano dell’attività legale, come detto all’inizio, ha visto Marotta e il suo team chiudere un 2023 da record. «Undici omologhe non sono un risultato banale», sottolinea l’avvocato. E tra queste, si conta anche la prima ottenuta, ai sensi del nuovo Ccii con il cross class cram down, a ottobre scorso. Parliamo del concordato Sittel, in cui Il Tribunale di Roma – in applicazione del nuovo istituto – ha omologato il concordato in presenza del voto favorevole di 4 classi su 12, ritenendo rilevante, ai fini dell’applicazione dell’art. 112 CCI lett d) seconda parte, il voto di una classe di creditori. Il Tribunale, infatti, pur avendo la possibilità di convertire, ai sensi dell’articolo 88 CCII, il voto delle tre classi erariali consentendo così il raggiungimento della maggioranza delle classi favorevoli (7 su 12), ha scelto, in applicazione del nuovo disposto normativo, la strada dall’art. 112 lett d), seconda parte. Decisiva la prova della convenienza della continuità rispetto alla prospettiva liquidatoria, che il team legale guidato da Marotta ha fornito al Tribunale sulla base del piano finanziario redatto dal professor Riccardo Tiscini, con l’ausilio del dottor Emanuele Lusi, attestato dal professor Simone Manfredi, su perizia di valutazione del professor Salvatore Sarcone.
«Il nuovo codice sta avendo un impatto decisivo. Le opportunità offerte sono enormi, sia perché ora l’omologa può conseguirsi anche con il solo voto favorevole della minoranza delle classi, sia perché tutto il sistema consente di elaborare piani di concordato in continuità senza aggiunta di nuova finanza. L’unica reale barriera al successo del concordato in continuità è oggi costituita dalla prova che il piano concordatario sia in grado di soddisfare i creditori in misura non inferiore a quanto spetterebbe loro in prospettiva liquidatoria. Ma se c’è questa, il Tribunale ha una facoltà importantissima: quella di omologare il concordato anche in presenza di una sola classe di creditori. Una rivoluzione copernicana. Ai tempi della Yomo serviva addirittura anche la maggioranza numerica dei creditori».
Ma l’operazione più significativa per Marotta, nell’ultimo anno è stata quella del risanamento di Acquedotto Lucano (Aql) «che abbiamo risolto senza procedura». Il caso è paradigmatico di un certo approccio alla materia, volto più a pensare alla crisi più come fonte di opportunità che soltanto come rischio. Il piano di risanamento ha consentito la sistemazione di una esposizione debitoria di oltre 170 milioni di euro della società, la piena continuità aziendale e il recupero dell’equilibrio economico, con l’uscita dal sistema della fornitura di energia in salvaguardia. Il salvataggio è stato conseguito attraverso due azioni fondamentali: la stipula – cogliendo un’opportunità offerta dalla piattaforma Consip – del nuovo contratto di fornitura dell’energia elettrica a condizioni di mercato, che ha consentito di affrontare per il 2023 un costo annuo di 33 milioni di euro (invece dei 68 che sarebbero stati spesi se Aql fosse rimasta in regime di salvaguardia); l’accordo con Enel, impostato e seguito da Marotta, che ha consentito di dilazionare in tre anni il debito di 45 milioni che Aql aveva accumulato nel corso del 2022 per effetto delle forniture in salvaguardia, realizzando così un’operazione sostanzialmente equivalente a un finanziamento di 45 milioni di euro.
«Mettere l’acquedotto in concordato preventivo – spiega l’avvocato – avrebbe rischiato di mettere in crisi l’intero sistema produttivo della regione. Avrebbe determinato l’impossibilità di saldare i crediti delle imprese fornitrici di servizi ad Aql e nello stesso tempo avrebbe determinato la necessità di riequilibrare il conto economico attraverso l’incremento delle tariffe. Quindi il concordato avrebbe determinato un sensibile incremento delle tariffe idriche, perché un servizio pubblico ancorché essenziale non può continuare in danno dei creditori e quindi sarebbe finito per gravare sugli utenti. L’insieme di questi effetti collaterali avrebbe rischiato di paralizzare il sistema produttivo regionale. Noi, invece, siamo riusciti a salvare la società senza avviare la procedura. Abbiamo agito sul conto economico, abbassando il costo dell’energia futura, e poi abbiamo risanato il debito, spalmandolo su tre anni. Le imprese hanno continuato a lavorare e a essere pagate, e gli utenti non hanno subito alcun incremento. Addirittura, per chi ha un Isee fino a 30mila euro è stato istituito il Bonus Acqua dalla Regione. Questa è la funzione del salvataggio. Da una crisi che rischiava di trasformarsi in un dramma, si è creata un’opportunità».
È un modo peculiare di guardare a questo tipo di operazioni. Visto che, spesso, invece, il restructuring è considerato un parente stretto del diritto fallimentare. «Quello che dico sempre, e che ho scritto anche nel volume The Italian Chance for Restructuring curato con Michele Vietti e Fabrizio di Marzio, è che nel momento in cui si ha un caso di ristrutturazione bisogna partire da una valutazione di carattere industriale. L’attività conviene continuarla o no? Produce o non produce reddito? La seconda valutazione da fare è finanziaria: con quali soldi? La terza, è legale: con quale protezione? Se si inverte l’ordine di questo ragionamento, l’operazione non funziona. E il problema del restructuring, quando viene affrontato da professionisti con un’indole o, meglio, un’esperienza da fallimentaristi è quello che solitamente si antepongono le valutazioni legali al resto, spesso rischiando di condannare una realtà che altrimenti si potrebbe non solo salvare ma rilanciare». «Chi viene dall’m&a – prosegue Marotta – il salvataggio lo vede nell’ottica di ciò che deve conservare e rilanciare, non nell’ottica di ciò che deve raccogliere e dividere». In questa fase congiunturale, il problema del degrado del credito di regresso che in un piano concordatario l’impresa può operare anche in relazione ai crediti di Sace e Mcc, riducendo il rimborso, sembra essere una delle questioni più delicate e più importanti per consentire a tante realtà di non perdere il treno del rilancio. Ma come…
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