MANTINI: DAL PARLAMENTO ALLA PROFESSIONE. CON UNO SGUARDO AL MERCATO LEGALE

Sono molti in questa tornata elettorale i professionisti di valore, avvocati, commercialisti e notai, che si sono candidati per le prossime elezioni del 24 e 25 febbraio, quasi a voler negare la propria delega di cittadini consapevoli ad altri che non sempre hanno dimostrato di saper rappresentare bene gli interessi del Paese. Ma ci sono altri professionisti d’eccellenza che stanno facendo il percorso opposto. Pierluigi Mantini (in foto), 56 anni, milanese di adozione, docente universitario, parlamentare con incarichi di rilievo, tra cui quello di VicePresidente della Bicamerale per la Semplificazione, Segretario della Commissione Giustizia, rappresentante OSCE e altri, torna alla professione e all’Università, dopo aver deciso di non ricandidarsi. Mantini è un amministrativista con studio a Milano.

D. Dopo gli impegni istituzionali si ritorna alla professione. Nell’ultimo anno lei ha pubblicato “Le trasformazioni del diritto urbanistico”, del 2012, e un altro libro appena uscito che si intitola “La legislatura costituente”, sulle riforme istituzionali, oltre ad un paper sui profili giuridici e finanziari delle dismissioni immobiliari. Che tipo di posizionamento pensa di dare alla sua attività in un mercato legale così profondamente cambiato?

Per quanto mi riguarda, personalmente, resto affezionato alla dimensione del lavoro nello “studio-boutique” e nella capacità di far rete ossia di unire professionisti diversi, fortemente specializzati, su specifici lavori o clienti. Mi riesce bene. Però avverto anche un problema di dimensione per seguire players internazionali o progetti interdisciplinari durevoli e complessi. Sto valutando le proposte di alcuni grandi studi internazionali, innovativi, che mi piacciono.

D. Di cosa si sta occupando in questo periodo?

R. Di molte cose, ho impegni anche con l’OSCE. Dal punto di vista strettamente professionale, sto curando in questi giorni un progetto con delle Camere di Commercio per l’ampliamento dei confini alle imprese, una consulenza per un grande ordine professionale, l’attività di SGR e fondi immobiliari, un nuovo progetto editoriale. Più in generale del diritto amministrativo italiano e comunitario, che si trasforma appunto, e dovrebbe tornare ad essere, come nelle origini, un diritto di garanzia dei cittadini contro gli abusi del potere. Oggi è avvertito, al contrario, come un diritto “della casta” burocratica, contro i cittadini e le imprese. Occorre cambiare, semplificare, senza smarrire i principi. Si può fare anche con l’insegnamento, i pareri, i ricorsi, la corretta interpretazione delle norme, imponendo le buone prassi. Sono poi molto attento al nuovo “diritto amministrativo della finanza”, “delle reti e dei servizi”, della concorrenza e dei mercati, e all’indispensabile sostegno professionale all’internazionalizzazione.

D. Lei ha sostenuto da protagonista e relatore in parlamento le trasformazioni degli ordinamenti professionali. Cosa pensa sul futuro della professione legale?

R. Risposta difficile. In poche parole, ritengo che si sia fatta una buona “mezza riforma” ma occorre insistere sugli incentivi alle società professionali e interprofessionali, sui giovani e l’estensione della previdenza professionale, anche eliminando l’attuale doppia tassazione dei contributi alle Casse. Per gli avvocati, in particolare, ho sempre pensato che il futuro sia nelle specializzazioni e nell’aggregazione: l’avvocato generalista, che fa tutte le materie, non ha più senso. Occorre riconoscere e consentire la pluralità delle offerte professionali con skill differenti: dunque regole nuove e più libertà.

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