M&A FARMACEUTICO, AI LEGALI ITALIANI SOLO LE PILLOLE
Pigliati ‘na pastiglia, cantava il mitico Renato Carosone. Il motivetto potrebbe fare da colonna sonora per la descrizione del trend registrato tra la fine del 2013 e i primi giorni del 2014. Ma a ben guardare, la medicina in questione sembra più un palliativo che la soluzione definitiva alla carenza di grandi mandati registrata nel corso dell’ultimo anno (si veda il numero 8 di Mag del 13 gennaio 2014). I motivi sono essenzialmente due. Gli avvocati italiani hanno generalmente raccolto solo le briciole di queste operazioni che, in realtà, hanno avuto il loro fulcro all’estero. Si è trattato di deal cross border dove, la parte italiana, era solo un “di cui”. Mentre nelle operazioni in cui c’era una parte italiana coinvolta, questa si è solitamente fatta assistere da team legali stranieri.
SOCIETA’ ITALIANE E ADVISOR STRANIERI. Certo, si dirà, il fenomeno si spiega anche tenendo conto del fatto che le parti coinvolte in queste operazioni sono straniere e che dovendo strutturare delle operazioni su scala globale non potevano che distribuire i diversi mandati ad una serie di advisor competenti per giurisdizione. Forse. Ma non si può non notare un altro aspetto emerso dal mercato M&A del pahrma business. Anche le società italiane tendono a lavorare con studi stranieri.