L’UNIONE FA LA FORZA: ANCHE NEI SERVIZI LEGALI
di Aldo Scaringella
Il 28 marzo a Milano, organizzato dalla The Adam Smith Society, si è tenuto un lungo e denso incontro dal titolo Il Futuro dei Servizi Legali. Oltre all'ottima organizzazione logistica (300 persone in sala) incluso il collegamento telefonico e volante con il sottosegretario alla Giustizia, va segnalata la grande conduzione del moderatore e presidente della stessa associazione, Alessandro De Nicola capace di mettere insieme un panel con i più svariati punti di vista e di costruire una scaletta degli interventi tenendo viva l'attenzione dell'audience per circa 5 ore. Venendo al merito, secondo almeno il mio punto di vista ho apprezzato fra gli intervenuti in modo particolare Il Professor Ugo Arrigo, per la lucidità e consapevolezza accademica con cui ha espresso concetti e idee, che probabilmente molti di noi avevano intuito, ma che nessuno era riuscito, per quanto ricordo, a rendere così logicamente apprezzabili. Mi riferisco alle liberalizzazioni e al valore della rapporto fra domanda e offerta di servizi legali. Concetto che io stesso da anni ribadisco, ma che ho trovato esplicitato con una capacità di fondamento incredibilmente solida. Ho apprezzato notevolmente e più del solito l'intervento di Giovanni Lega, finalmente aggressivo e provocatorio, in modo particolare quando rispondendo a Maurizio De Tilla, che aveva parlato di professioni diverse distinguendo fra avvocati e avvocati d'affari, Lega ha proposto di fare due casse previdenziali diverse. Affermazione motivata dal fatto che meno del 3% degli avvocati italiani contribuisce alla cassa per più del 70%. Con un tetto alla pensione che è l'equivalente di circa 90 mila euro l'anno, anche se il proprio contributo è stato per anni parametrato a redditi superiori al milione di euro. Solidarietà giusta, a vantaggio di una maggiore distribuzione. Senza però perdere di vista che imporre anche la solidarietà dovrebbe essere sottoposta a criteri di progressività come avviene per la fiscalità. Ho apprezzato poi tutti gli altri interventi da quello di Giovanna Ligas, a quello di Margherita Bianchini e di Piergaetano Marchetti. Quest'ultimo con grande pacatezza e incisività ha tirato fuori, fra gli altri temi, quello dell'università italiana e della sua capacità storica di formare in passato grandi eccellenze. Considerazione condivisibilissima, alla quale però vorrei aggiungere che forse senza stravolgerlo, il nostro sistema universitario dovrebbe mirare a un'uguaglianza verso l'alto. Magari meno eccellenze, ma un sistema che trascini la grande maggioranza di studenti verso una medietà tendente all'eccellenza invece che alla mediocrità, come invece accade oggi.
Di Marchetti ho anche apprezzato la considerazione che a fine '800 chi studiava giurisprudenza, faceva anche un esame di matematica. Certo, non si era ancora affermato del tutto il paradigma crociano in Italia, ossia l'approccio storico-letterario-filosofico e c'era ancora una competizione in cui invece sembrava dover prevalere il paradigma filosofico-scientifico peaniano. Ma questo poco c'entra con il nostro tema. Quel che è importante che forse oggi, se gli avvocati studiassero un po' di numeri, avrebbero più facilità a fare le fatture. Poi si è passati alla seconda parte della giornata, ossia al dibattito fra rappresentanti della stampa. Interessanti tutti gli interventi, soprattutto perchè, a mio modesto parere, fatti da osservatori esterni alla categoria. Per quel che mi riguarda non ho fatto altro che sostenere ciò che da tempo sostengo, ossia l'assoluta necessità, al fine di far scendere i numeri dei professionisti e di poter diventare competitivi anche rispetto al vento del nord, di incentivare ogni forma possibile di associazione o società fra professionisti. Con piani di posizionamento strategico chiari, investimenti secondo gli obiettivi e trasparenza amministrativa e dei bilanci. Per raggiungere l'obiettivo dei 100 mila avvocati in 10 anni e per resistere al trend in corso ormai da inizio 2012: dopo K&LGates approdato in Italia attraverso una fusione con una boutique italiana, Marini Salsi Picciau, anche Osborne Clarke la settimana scorsa, il 28 marzo, ha firmato per approdare in Italia attraverso la fusione con Sla.
I piccoli e valenti studi italiani diventano prede di grandi partnership internazionali. Altri reggono l'urto della concorrenza, e chi non si adegua finirà per soccombere.