Lipani, nuovo brand e progetti per la crescita

di nicola di molfetta

Il nuovo anno si apre con una nuova brand identity per lo studio Lipani Catricalà & Partners  che diventa Lipani.  L’obiettivo della nuova immagine è riflettere i valori fondanti dello studio: etica, coesione, spirito di collaborazione, dedizione e orientamento al cliente.  «Il progetto di rebranding – ha dichiarato Damiano Lipani – è necessario per comunicare la nostra nuova identità. È anche un segno tangibile della nostra attitudine ad affrontare le sfide di un mercato in continua evoluzione». MAG ha incontrato il fondatore dello per approfondire il discorso e in particolare per mettere in evidenza la progettualità che sta dietro questa svolta sul fronte del nome.

Come si chiude il 2023 e quali sono oggi i numeri dello studio?
In termini di risultato ci aspettiamo una crescita tra l’8 e il 10% e in termini di cifre dovremmo chiudere nell’intorno dei 5 milioni. Civile e contenzioso amministrativo sono stati i settori che hanno registrato gli incrementi maggiori. In termini di organico, invece, il 2023 si dovrebbe chiudere con circa 21 professionisti, senza considerare i praticanti, e sei persone di staff, per cui siamo abbastanza stabili. Trovare gente non è facile di questi tempi. E comunque fare certi numeri a sostanziale parità di perimetro mi sembra un buon risultato.

E per il 2024?
Guardando il prospettico, puntiamo a crescere sia in termini di fatturato sia in termini di organico con almeno due inserimenti nel civile e due nell’amministrativo. Stiamo anche cercando di rafforzare la squadra dell’antitrust, ma lì c’è un discorso particolare da fare.

Ecco, a proposito della vostra offerta: com’è strutturata?
Da almeno due anni siamo sempre più orientati a guardare alle industry piuttosto che alle practice. È il mercato che lo chiede. Essendo uno studio che affonda le proprie radici nel diritto amministrativo e nel civile, le industry di riferimento per noi sono collegate a queste aree di pratica. Penso alla pubblica amministrazione, penso al real estate, così come all’IT e all’energy.

Riguardo all’antitrust, invece, ha detto che merita un discorso ad hoc…
Sì. Noi qui abbiamo avuto un socio come Antonio Catricalà (venuto a mancare nel febbraio 2021, ndr) che è stato un maestro della materia ed è di fatto insostituibile nel senso che l’esperienza fatta con lui è chiaramente irripetibile. Quindi lo studio ha per il momento scelto di investire più su giovani professionisti che sull’innesto di altri profili consolidati, mantenendo sempre l’impegno alla qualità dell’assistenza.

Gli innesti nel civile e nell’amministrativo, invece, su che tipo di profili si orienteranno?
La nostra idea è di crescere internamente. Abbiamo una buona forza attrattiva sulla fascia 30-40 anni. Ovviamente non possiamo dire e non diciamo assolutamente che escludiamo innesti di professionisti di maggiore seniority, però la scelta di fondo è di crescere non per linee laterali ma internamente. Questo perché crediamo che i giovani possano imparare e crescere con noi.

Prima però ha detto che trovare persone non è facile. In che senso?
Noi seguiamo progetti complessi e vediamo che la tendenza di molte persone giovani, sia per formazione sia per motivazione, è quella a non credere con convinzione nel proprio futuro. E questo si riflette molto sull’approccio al lavoro, all’impegno verso l’approfondimento e lo studio, e così via. Quindi, forse, la selezione da noi è un po’ dura. Ma credo sia l’unico modo per mantenere un certo livello di qualità e di preservare la nostra identità.

Questo fa il paio con la scelta recente di lavorare al vostro rebranding. Decidere di chiamare lo studio “Lipani” e fare diventare questo nome un marchio, è stata una dichiarazione d’intenti molto netta…
Il marchio guarda al futuro sulla base delle origini dello studio. Siamo nati nel 1995 con il brand Lipani & Partners. Nel 2014, con l’arrivo di Antonio Catricalà abbiamo chiamato lo studio Lipani Catricalà in ossequio alla levatura del profilo del grande giurista. Adesso, a tre anni dalla scomparsa di Antonio, abbiamo dovuto in qualche modo rivalutare noi stessi. La scelta di fondo è stata di andare avanti in maniera indipendente mantenendo la nostra tradizione.

E quindi?
Abbiamo fatto anzitutto un’analisi. Abbiamo deciso, anche con l’aiuto dei nostri comunicatori, che puntare su un nome di fantasia o su un acronimo non sarebbe stata una scelta vincente. Allora abbiamo cercato di valorizzare la percezione del mercato e anche la continuità della storia, concentrandoci su un elemento identificativo che fosse riconosciuto e riconoscibile. Lipani si è rivelato un elemento capace di racchiudere sia il messaggio di legame con le origini sia quello di proiezione al futuro. È stata una decisione rispetto a cui mi sono astenuto. Ma che è stata sposata con convinzione dai soci. Anche perché, come ci hanno fatto notare i nostri comunicatori, oggi il brand Lipani non identifica più solo una persona ma un gruppo di professionisti, un modo di lavorare e un certo livello di qualità del servizio. Abbiamo eliminato la…

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nicola.dimolfetta@lcpublishinggroup.it

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