LIBIA: 2012 ANNO DI TRANSIZIONE

All'inizio del 2011 scoppiava la primavera araba. Anche la Libia si sollevava al suo padrone incontrastato. Oggi, con il nuovo governo libico e Gheddafi spazzato via, e con il nuovo governo italiano guidato da Mario Monti, Italia e Libia provano a riallacciare rapporti reciprocamente privilegiati cercando di recuperare quella fiducia dissipata dalla gestione della crisi libica da parte del governo guidato da Silvio Berlusconi. Legalcommunity.it ha chiesto a Paolo Greco, che è avvocato specializzato in diritto commerciale libico e dei Paesi Arabi e Managing Partner di P&A Legal, oltre che vice presidente della Camera di Commercio Italiana in Libia e che in Libia opera dal 2002, alcune domande sullo stato del trattato, sul mercato in generale e sugli spazi per il legali.

D. Avvocato buongiorno e grazie per la sua disponibilità. Ci spieghi, cos'è davvero per lei operatore del mercato Il trattato di Amicizia Italia Libia?

R. E' un accordo a suo modo storico. Il trattato di amicizia, andando oltre il solito perimetro degli analoghi trattati di amicizia e cooperazione, rende evidente una vicinanza storica tra il popolo italiano e quello libico e pone un risarcimento dei danni del colonialismo. E' un atto storico cui deve essere dato maggior risalto, perché costituisce la base di una amicizia e di una cooperazione solide e durature.

D. Era davvero vantaggioso per le aziende italiane?

R. Prima del Trattato nei confronti delle aziende italiane venivano applicate norme vessatorie. Era una propaganda del regime di Gheddafi, che non trovava riscontro nella frequenza delle attivita' economiche italo-libiche, ma che creava delle difficoltà e degli empasse amministrativi ed operativi. Il venir meno di questi ultimi ha reso possibile, anche al di fuori delle attività connesse al regime, un maggior fermento e dinamicita' delle operazioni economico commerciali tra aziende italiane ed enti ed aziende libiche.

D. Come è cambiato il rapporto dell'Italia con la Libia dopo le incertezze mostrate dal precedente governo nella gestione della crisi libica?

R. La presenza storica delle aziende italiane, sia grandi gruppi che PMI, la vicinanza e la frequenza di rapporti tra le business community ed i due popoli rende consolidata la presenza italiana in Libia. Certamente a seguito della rivoluzione, e sopratutto delle aperture e liberalizzazioni economiche che potranno essere fatte, ci sarà una maggiore concorrenza poiché il mercato dovrebbe essere più aperto ed ampio. Al di fuori di alcune zone dove si e' sposata come prioritaria la vicinanza con Francia e Qatar (tra i luoghi principali, questo fenomeno si verifica in parte Bengasi) non ci sono segnali di alcuna modifica nel rapporto della frequenza e valore della presenza italiana nelle attività economiche e commerciali libiche.

D. Monti e Scaroni stanno cercando di recuperare la posizione privilegiata come partner d'affari dell'Italia in Libia o questa è un'ipotesi che ormai il Paese si è giocata?

R. L'Italia deve innanzitutto puntare a mantenere ciò che aveva, commesse e contratti acquisiti, cercando di garantire alle aziende le migliori condizioni per la fattuale ripresa delle attività. Tra mille difficoltà si sta cercando di fare proprio questo, considerando che il mantenimento dei valori in gioco e' la migliore forma di sviluppo delle relazioni commerciali e la premessa per un loro accrescimento.

D. Come ritiene che possano evolvere nei prossimi mesi le relazioni bilaterali tra i due Paesi?

R. Non vedo criticità all'orizzonte e spero non ve ne siano. La Libia rappresenta una enorme opportunità di crescita per chi investe ed investirà sulle sue performance di ricostruzione e riavvio. In tal senso, è strategico il ruolo del trattato di amicizia e cooperazione e le attività di risarcimento dei danni coloniali che saranno predisposte. Personalmente ritengo che oltre a promettere opere finite (strade, scuole), si debba soprattutto aiutare e cooperare nell'ambito della programmazione e progettazione, che sono la base del futuro sviluppo delle relazioni economiche italo-libiche e delle successive concrete opportunità per le aziende italiane in Libia.

D. Da conoscitore della Libia, come sarà il futuro del Paese?

R. La Rivoluzione rappresenta un momento eroico, che dovrà essere riempito dalla volontà libera e democratica del popolo libico. In tal senso sono molto importanti le prime libere elezioni che ci saranno. Da più parti si delineano scenari di un Paese democratico, con una economia libera. Gli ingredienti per un successo di tali ipotesi ci sono tutti, molto dipenderà dalla volontà del popolo libico, che non vota da circa 50 anni, per cui dovrà acquisire in fretta consapevolezza dei suoi diritti e doveri e delle sue potenzialità. In tal senso delle leadership credibili all'interno ed all'esterno del Paese saranno essenziali e determinanti.

D. Petrolio a parte, quanto libero mercato e concorrenza c'è e ci sarà in Libia per tutte le aziende che vogliano, fuori da possibili accordi bilaterali, investire li?

R. La voglia di un mercato libero e di una iniziativa economica scevra da ogni interferenza statuale e familiare e' una delle cause scatenanti della Rivoluzione. Il percorso di liberalizzazione e' già in corso, ma gli ultimi 42 anni di vita socio economica non potranno essere spazzate vie prima che sia stato elaborato un modello operativo nuovo e condiviso. In tal senso sarà decisivo il riscontro elettorale ed il lavoro che si svolgera' in sede di Assemblea costituente dopo il luglio 2012.

D. Quale richiesta di servizi legali ritiene ci sia in questo momento e in prospettiva?

R. In questo momento anche le attività di consulenza legale sono in fase di ripartenza. Molte aziende richiedono un quadro giuridico generale prima di investire, oltre ad una consulenza più specifica per il riavvio dei contratti e delle local entity (branch e società). Un particolare aspetto e' quello dei risarcimenti e di tutte le problematiche connesse (soprattutto bancarie). A questo si aggiungono le criticità con dipendenti e fornitori. Nei prossimi anni i servizi non potranno che aumentare il loro volume e la loro qualità, soprattutto nel settore bancario e finanziario.

D. Qualche studio italiano di grandi dimensioni, secondo i rumors, sarebbe interessato a sbarcare in Libia. A parte il reclutamento di bravi avvocati italiani con esperienza sul mercato libico, quali ritiene siano le caratteristiche necessarie per gli studi italiani che vogliano fare business laggiù?

R. Oggi il Paese e' in una condizione più complicata rispetto a quando c'era il regime. Occorre non avere fretta di individuare la grande operazione. Non credo ci saranno enormi business (commesse di rilevante entità) nel corso del 2012. Ritengo che a partire dal 2013 si avrà una considerevole ripresa delle attività. Il 2012 dovrà essere utilizzato per conoscere il mercato e le dinamiche locali che sono particolari e che difficilmente saranno rivoluzionate completamente nel corso dei primi 24 mesi. Quindi, come per ogni business in Libia, ci vuole pazienza, serietà, affidabilità ed un po' di coraggio.

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