LIBERI DI RICOSTRUIRE

di Aldo Scaringella

Ieri 12 novembre 2011, dopo 17 anni di regime berlusconiano l'Italia ha assistito ad una nuova liberazione. Un liberazione da un gruppo dirigente che, nonostante abbia governato per 8 anni su 10, nonostante abbia avuto, soprattutto dal 2008 una delle maggioranze più ampie mai viste, nonostante il Paese sia uno dei più solidi dal punto di vista industriale e dei risparmi privati, nonostante gli italiani siano creativi e innovativi e capaci di andare avanti anche senza un forte sistema Paese alle spalle, nonostante un controllo quasi totale sull'informazione televisiva, che contribuisce per il 75% alla formazione dell'opinione pubblica, non è riuscito a non farsi travolgere da se stesso e dalla sua incapace mediocrità e disonestà intellettuale prima e dai mercati dopo.

Oggi 13 novembre 2011 è l'alba di un nuovo giorno. E' il momento della ricostruzione. Certo in un mondo ideale ci saremmo aspettati un governo che esprimesse un progetto politico di Paese e una vision, non etero diretti. Invece, visto dove siamo arrivati, comprare i soldi sui mercati al 7,20%, per non dire dove siamo stati portati, ci va benissimo un governo di persone finalmente competenti, con dei curricula che diano il senso della formazione, dello studio e del lavoro di una vita. Il che non è assoluta garanzia di successo, ma di sicuro le premesse sono migliori di quelle con le quali ci si trova a fare i conti quando si ha davanti un venditore di pentole porta a porta. Un governo di persone la cui maggiore occupazione non sia raccontare barzellette i cui soggetti sono sempre un uomo e una donna che finiscono per assecondare i loro più bassi istinti primordiali, in cui il segno distintivo è l'ostentazione del dito medio come stile di una vita votata alla furba mediocrità.

Oggi l'Italia volta pagina, ripartendo da una classe di governo di professori bocconiani che, viste le premesse, altro non potranno fare che rassicurare chi ci presta i soldi, restituirli e provare a innescare processi di crescita, e lasciarci, si spera, un Paese economicamente più solido e culturalmente pronto a ricostruirsi. Perchè la prossima sfida, è quella di costruire una classe dirigente nuova, non solo al governo, ma anche all'opposizione, capace di rimettere il Paese al centro dell'economia mondiale, non come l'appestato da evitare, ma come uno dei protagonisti principali. Che possa, tanto per ritornare al mercato legale, non solo accontentarsi di abolire tariffe minime, peraltro già abolite da Bersani nel 2006, e dalla prassi da sempre, e mai ripristinate davvero, ma progettare un mercato legale che sia il risultato di un processo di riforma serio dell'Università, degli ordini, delle casse e dell'accesso.

Senza distruggere a tutti i costi la nostra storia di corporazioni su cui il Paese per tanto tempo s'è fondato, ma spianando il corporativismo.

In un contesto sociale che dia a tutti le possibilità di emergere, ma che premi solo i migliori.

Si ai salmoni capaci di risalire la corrente contro ogni previsione per il bene di se stessi e del sistema. No deciso alle trote.

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